此地无银三百两 – Due astuti vicini

luglio 15, 2012 at 5:50 PM (Chengyu, Storie buffe, Storie popolari) ()

“cǐ dì wú yín sān bǎi liǎng” – Qui sotto non ci sono trecento pezzi d’argento

C’era una volta un uomo chiamato Zhang San a cui piaceva pensare di essere molto intelligente. Zhang San era riuscito a mettere da parte trecento pezzi d’argento, era molto contento di ciò ma non riusciva a dormire sogni tranquilli. Temeva infatti che qualcuno potesse portargli via il suo tesoro e non sapeva trovare un luogo sicuro dove tenerlo. Portare quei pezzi d’argento sempre con sé era poco comodo e poi era facile che dei ladri intuissero qualcosa; mettere i soldi in un cassetto non sembrava nemmeno una buona idea, anche in questo caso per dei ladri sarebbe stato facile trovarli e portarli via; in un modo o nell’altro, non c’era un solo posto che fosse adatto! Zhang San,  tenendo i pezzi d’oro fra le mani, passò una giornata intera a cercare un modo per risolvere la faccenda. Dopo averci riflettuto a lungo, alla fine l’uomo trovò una soluzione che ritenne di gran lunga la migliore. Con il favore della notte, Zhang San andò nel cortile dietro casa sua e, sotto un angolo delle mura di casa, scavò una buca e con molta circospezione vi nascose dentro i pezzi d’argento. Nonostante tutto, dopo aver riempito la buca  non si sentì ancora tranquillo e pensò che a qualcuno poteva venire in mente che in quel punto ci fossero sepolti dei soldi. Così, si mise di nuovo a riflettere sul problema e ci pensò più volte fino a che non trovò una soluzione. Tornò in casa e su un foglio di carta bianco scrisse la frase “qui sotto non ci sono trecento pezzi d’argento”. Dopodiché uscì in cortile e appese il foglio sulla parete sotto alla quale aveva seppellito i soldi. Convinto che in questo modo i pezzi d’argento fossero completamente al sicuro, l’uomo rientrò in casa e andò a dormire.

Per tutto il giorno Zhang San era apparso con la mente assente e di questo se n’era accorto uno dei suoi vicini di casa, chiamato Wang Er. Quella notte Wang Er sentì che qualcuno scavava una buca nel cortile e pensò che la cosa fosse molto sospetta. Così, quando Zhang San fu rientrato in casa per dormire, Wang Er uscì fuori e, alla luce della luna, osservò il foglio di carta appeso sulla casa del vicino e lesse la scritta “qui sotto non ci sono trecento pezzi d’argento”. Wang Er capì subito tutto, con mani leggere e piedi silenziosi, in quattro e quattr’otto tirò fuori tutti i trecento pezzi d’argento e alla fine riempì di nuovo la buca con la terra. Dopo essere tornato a casa sua, vedendo il bianco luccicare dell’argento, Wang Er si rallegrò molto ma iniziò anche ad avere un po’ di timore. Se il giorno seguente Zhang San avesse scoperto che i soldi erano spariti e avesse sospettato di lui, cosa  avrebbe potuto fare? Perciò, anche a lui venne in mente una brillante idea e, pensando di essere un genio, scrisse su un foglio di carta la frase “il vicino Wang Er non ha mai rubato”. Dopodiché andò subito ad appendere il foglio sull’angolo dove aveva trovato i pezzi d’argento.

Traduttore: «Da allora, sulla base di questa storia popolare, la gente utilizza le frasi “qui sotto non ci sono trecento pezzi d’argento, il vicino Wang Er non ha mai rubato” come un modo di dire e ne hanno creato il chengyu “此地无银 – cǐ dì wú yín”. Quest’ultimo si usa per indicare una persona che si crede intelligente e che vorrebbe nascondere qualcosa, o non far scoprire un errore, e che però ottiene solo il risultato opposto. Adesso, sua Maestà, mi può dire perché ha scritto un cartello con sopra la frase “questo storiellografo oggi non è stato bastonato”?»
Erbetta: «Cercavo di mettere in pratica i consigli della storiella…»
Traduttore: «Ma il senso è sbagliato, ha scritto una cosa vera.»
Erbetta: «Questione di tempo, mio caro storiellografo che non traduci da mesi…»

Note del Traduttore

Zhang San (张三 – Zhāng Sān) e Wang Er (王二 – Wáng Èr) sono l’equivalente cinese dei nostri “tizio” e “caio”. Zhang e Wang sono senza dubbio fra i cognomi cinesi più diffusi mentre “三 – sān” e “二 – èr” corrispondono ai numeri “tre” e “due”.

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