此地无银三百两 – Due astuti vicini

luglio 15, 2012 at 5:50 PM (Chengyu, Storie buffe, Storie popolari) ()

“cǐ dì wú yín sān bǎi liǎng” – Qui sotto non ci sono trecento pezzi d’argento

C’era una volta un uomo chiamato Zhang San a cui piaceva pensare di essere molto intelligente. Zhang San era riuscito a mettere da parte trecento pezzi d’argento, era molto contento di ciò ma non riusciva a dormire sogni tranquilli. Temeva infatti che qualcuno potesse portargli via il suo tesoro e non sapeva trovare un luogo sicuro dove tenerlo. Portare quei pezzi d’argento sempre con sé era poco comodo e poi era facile che dei ladri intuissero qualcosa; mettere i soldi in un cassetto non sembrava nemmeno una buona idea, anche in questo caso per dei ladri sarebbe stato facile trovarli e portarli via; in un modo o nell’altro, non c’era un solo posto che fosse adatto! Zhang San,  tenendo i pezzi d’oro fra le mani, passò una giornata intera a cercare un modo per risolvere la faccenda. Dopo averci riflettuto a lungo, alla fine l’uomo trovò una soluzione che ritenne di gran lunga la migliore. Con il favore della notte, Zhang San andò nel cortile dietro casa sua e, sotto un angolo delle mura di casa, scavò una buca e con molta circospezione vi nascose dentro i pezzi d’argento. Nonostante tutto, dopo aver riempito la buca  non si sentì ancora tranquillo e pensò che a qualcuno poteva venire in mente che in quel punto ci fossero sepolti dei soldi. Così, si mise di nuovo a riflettere sul problema e ci pensò più volte fino a che non trovò una soluzione. Tornò in casa e su un foglio di carta bianco scrisse la frase “qui sotto non ci sono trecento pezzi d’argento”. Dopodiché uscì in cortile e appese il foglio sulla parete sotto alla quale aveva seppellito i soldi. Convinto che in questo modo i pezzi d’argento fossero completamente al sicuro, l’uomo rientrò in casa e andò a dormire.

Per tutto il giorno Zhang San era apparso con la mente assente e di questo se n’era accorto uno dei suoi vicini di casa, chiamato Wang Er. Quella notte Wang Er sentì che qualcuno scavava una buca nel cortile e pensò che la cosa fosse molto sospetta. Così, quando Zhang San fu rientrato in casa per dormire, Wang Er uscì fuori e, alla luce della luna, osservò il foglio di carta appeso sulla casa del vicino e lesse la scritta “qui sotto non ci sono trecento pezzi d’argento”. Wang Er capì subito tutto, con mani leggere e piedi silenziosi, in quattro e quattr’otto tirò fuori tutti i trecento pezzi d’argento e alla fine riempì di nuovo la buca con la terra. Dopo essere tornato a casa sua, vedendo il bianco luccicare dell’argento, Wang Er si rallegrò molto ma iniziò anche ad avere un po’ di timore. Se il giorno seguente Zhang San avesse scoperto che i soldi erano spariti e avesse sospettato di lui, cosa  avrebbe potuto fare? Perciò, anche a lui venne in mente una brillante idea e, pensando di essere un genio, scrisse su un foglio di carta la frase “il vicino Wang Er non ha mai rubato”. Dopodiché andò subito ad appendere il foglio sull’angolo dove aveva trovato i pezzi d’argento.

Traduttore: «Da allora, sulla base di questa storia popolare, la gente utilizza le frasi “qui sotto non ci sono trecento pezzi d’argento, il vicino Wang Er non ha mai rubato” come un modo di dire e ne hanno creato il chengyu “此地无银 – cǐ dì wú yín”. Quest’ultimo si usa per indicare una persona che si crede intelligente e che vorrebbe nascondere qualcosa, o non far scoprire un errore, e che però ottiene solo il risultato opposto. Adesso, sua Maestà, mi può dire perché ha scritto un cartello con sopra la frase “questo storiellografo oggi non è stato bastonato”?»
Erbetta: «Cercavo di mettere in pratica i consigli della storiella…»
Traduttore: «Ma il senso è sbagliato, ha scritto una cosa vera.»
Erbetta: «Questione di tempo, mio caro storiellografo che non traduci da mesi…»

Note del Traduttore

Zhang San (张三 – Zhāng Sān) e Wang Er (王二 – Wáng Èr) sono l’equivalente cinese dei nostri “tizio” e “caio”. Zhang e Wang sono senza dubbio fra i cognomi cinesi più diffusi mentre “三 – sān” e “二 – èr” corrispondono ai numeri “tre” e “due”.

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中山狼传 – Auguri a vossignoria! V

settembre 20, 2011 at 10:29 PM (Storie di animali, Storie popolari) ()

“zhōng shān láng zhuàn” – Storia del lupo del monte Zhongshan

…contina da qua…

In lontananza si scorse un vecchio uomo che camminava appoggiato a un bastone. La sua barba e le sue sopracciglia erano bianche come la neve, le vesti e il cappello erano decorate con raffinatezza e a giudicare dall’aspetto poteva essere un monaco Taoista. Il Signor Dongguo era al tempo stesso felice e timoroso, lasciò indietro il lupo e corse incontro al vecchio uomo. Piangendo, si inginocchiò profondamente e disse: «La imploro, padre mio, di dire una parola che possa salvare la mia povera vita!» Il vecchio uomo chiese una spiegazione di quanto stava accadendo e il Signor Dongguo rispose: «Questo lupo era braccato dai guardiacaccia, mi ha chiesto soccorso e io gli ho salvato la vita. Adesso però lui, al contrario, vorrebbe mangiarmi! Qualsiasi mia implorazione non ha avuto effetto e io mi trovo a dover morire per mano sua. Nel tentativo di ritardare almeno un po’ la cosa, sono riuscito a convincerlo a chiedere il parere di tre vecchi. Il primo che abbiamo incontrato è stato un vecchio albicocco a cui, nonostante le piante non capiscano nulla, sono stato costretto a chiedere consiglio, e per poco non finivo ammazzato; la volta successiva abbiamo incontrato una vecchia mucca, anche questa volta, nonostante le bestie non capiscano nulla, sono stato costretto a chiedere consiglio e di nuovo stavo per finire ammazzato; adesso abbiamo incontrato un vecchio saggio, possibile che il Cielo non voglia interrompere questa mia vita dedicata allo studio? Perciò oso chiedere a voi una parola che mi salvi la vita.» Dopo di ché si gettò sotto il bastone, chinando la fronte fino a terra per ripetto, e una volta rialzata la testa si mise in attesa di una risposta del vecchio uomo. Questi, ascoltati i fatti, sospirò più e più volte e infine, usando il bastone per colpire il lupo, disse: «Ti sei comportato male! Una persona guadagna dei meriti nei tuoi confronti e tu in cambio la tradisci? Non c’è niente di più sbagliato di ciò! La scuola di Confucio insegna che, quando si riceve una grazia da una persona, non possiamo per nessuna ragione voltarle le spalle, per questo i figli devono dimostrare sempre ai propri genitori il loro amore filiale. Secondo Confucio anche le tigri e i lupi conoscono il sentimento che lega i padri ai figli. Tu adesso sei sulla cattiva strada di chi tradisce le persone che ci hanno aiutato e perciò, o hai deciso di ripudiare quel sentimento, o non lo hai mai avuto.» Allora, con voce risoluta, disse: «Vattene di corsa, lupo, se non vuoi che ti ammazzi con questo bastone!»

Il lupo disse: «Vecchio saggio, voi avete ascoltato solo una versione della storia e non conoscete l’altra. Vi prego, permettetemi di raccontare le cose con chiarezza, desidero solo che ascoltiate le mie umile parole. Tanto per iniziare, quando il signore qui presente mi ha salvato, mi ha legato le zampe e mi ha rinchiuso dentro alla sua sacca, schiacciandomi sotto ai libri. Il mio corpo era così contorto che non osavo neppure respirare. Lui si è inventato una bugia per convincere Zhao Jianzi ma probabilmente le sue intenzioni erano di farmi morire dentro alla sacca e prendersi da solo tutti i meriti. Un uomo del genere non dovrebbe essere mangiato?»

Erbetta: «Bravo! Giusto!»
Traduttore: «La storia non è ancora finita, sua Maestà deve portare ancora un po’ di pazienza e lasciarmi continuare…»

Il vecchio saggio guardò l’altro uomo e disse: «Se queste parole sono vere, si può ben dire che anche Houyi1 ha le sue colpe.» Il Signor Dongguo pensò che non fosse giusto e raccontò con accuratezza di come lui avesse chiuso il lupo nella sacca spinto dalla pietà per l’animale. Anche il lupo dal canto suo si mise ad argomentare con arguzia per avere la meglio nella questione. Allora il vecchio uomo disse: «Tutte queste parole non bastano a convincermi, in un senso o nell’altro. Proviamo a far entrare di nuovo il lupo nella sacca, a quel punto potrò capire la situazione e giudicare se è così terribile oppure no!» Il lupo acconsentì di buon grado a fare la prova e si fece legare di nuovo dall’uomo. Questi lo infilò nuovamente nella sacca e appese il tutto sulla schiena dell’asino, senza che il lupo si accorgesse di niente. A quel punto, il vecchio saggio si piegò per sussurare all’orecchio del Signor Dongguo: «Avete un pugnale?» e questi rispose: «Certo.» Detto ciò, tirò fuori l’arma e il vecchio saggio gli fece capire con lo sguardo che doveva usarla per trafiggere il lupo. Il Signor Dongguo però disse: «Ma così non farò del male al lupo?» Il vecchio rispose ridendo: «Una bestia volta così le spalle alla tua benevolenza e tu ancora non hai il cuore di ammazzarla? Dimostri certo una grande umanità, così grande da fare la parte dello scemo! Un po’ come quello che salta dentro al pozzo per salvare un uomo che ci è caduto, o che si toglie i vestiti per salvare la vita a un amico. Per l’altro può anche andare bene ma in cosa è diverso dal cercarsi la morte? Voi, signore mio, siete questo tipo d’uomo? La bontà che diventa stupidità è da sempre disapprovata dagli uomini di nobile spirito.» Il vecchio finì di parlare con una gran risata. Dopo di ché, alzò la mano per aiutare il Signor Dongguo2 a impugnare il coltello e assieme uccisero il lupo. Dopo aver gettato la bestia sul bordo della strada, i due uomini se ne andarono.

Erbetta: «No! Profonda ingiustizia! Tradimento!»
Traduttore: «Sua Maestà ce l’ha con il vecchio saggio?»
Erbetta: «Sì, ma in sua mancanza mi accontenerò di far punire lo storiellografo di corte! Tra l’altro sono assai curiosa di conoscere le tue giustificazioni in merito a questa faccenda delle storielle a puntate!»
Traduttore: «Mi sembrava il modo migliore per festeggiare il compleanno di sua Maestà, dieci giorni di auguri!»

Note del Traduttore

1 Houyi (后羿 – Hòuyì) è una figura della mitologia cinese, un grande arciere divino che, secondo le leggende, insegnò la sua arte agli uomini. Huoyi è noto soprattutto per la storia che lo lega a sua moglie, Chang’e, la divinità della luna, ma di questa storia ci sarà modo di parlare in un prossimo futuro. Dopo la separazione dalla sua amata, Houyi divenne arrogante e scontroso. Fra gli uomini a cui aveva insegnato l’arte del tiro con l’arco ve n’era uno di grande talento chiamato Feng Meng. Questi sfidò il maestro a una gara ma Houyi lo sconfisse duramente, umiliandolo al punto che l’allievo decise di vendicarsi. Così Feng Meng, durante una battuta di caccia, colpì a morte il suo maestro. Facendo riferimento a questo episodio, il filosofo Mencio disse la frase “anche Houyi ha le sue colpe” (是亦羿有罪焉 – shì yì Yì yǒuzuì yān) per indicare che, non sapendo giudicare gli uomini, era stato anche lui responsabile della sua sorte. Con questo senso la frase viene riportata in questa storia.

2 Questa storia non è legata a un modo di dire ma da essa è nata l’abitudine di usare il nome “Signor Dongguo” (东郭先生 – Dōngguō xiānsheng) per indicare quelle persone che sono tanto buone da essere sceme.

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中山狼传 – Auguri a vossignoria! IV

settembre 18, 2011 at 1:49 PM (Storie di animali, Storie popolari) ()

“zhōng shān láng zhuàn” – Storia del lupo del monte Zhongshan

…contina da qua…

Prima che l’animale feroce gli fosse addosso, il Signor Dongguo gridò: «Il lupo infrange il nostro patto! Eravamo d’accordo che avremmo chiesto a tre vecchi saggi e finora abbiamo incontrato solo quest’albero di albicocche, perché ti fai avanti tanto in fretta contro di me?» Così i due si misero nuovamente in cammino.

Il lupo era sempre più nervoso e, scorgendo una vecchia mucca che sopportava i raggi del sole dietro a un muro diroccato, disse all’uomo: «Ecco! Possiamo chiedere a questa mucca.» Il Signor Dongguo disse: «Prima è toccato a una pianta senza cervello, che ha detto solo stupidaggini. Adesso tocca a una mucca, ma che senso ha chiedere a una bestia?» Il lupo però rispose: «Tu limitati a chiedere a questa vacca perché altrimenti ti mangio!» Il pover uomo non vide alternativa e, dopo essersi inchinato di fronte alla vacca con le mani giunte, spiegò per filo e per segno tutta la situazione. Dopo che il Signor Dongguo ebbe fatto la sua domanda, la mucca aggrottò le sopracciglia, aprì la bocca per leccarsi il naso, e a quel punto si rivolse all’uomo dicendo: «Il vecchio albicocco ha detto bene! Io, che adesso sono solo una vecchia mucca, quando ancora ero giovane e le mie corna sembravano il bozzolo di un baco o una castagna, avevo muscoli forti e ossa robuste. A quel tempo il vecchio contadino mi comprò dando in cambio il suo coltello e mi mise assieme alle altre mucche affinché potessi assisterlo con il lavoro dei campi. Mentre io mi facevo più forte, le altre vacche della mandria invecchiavano e si indebolivano sempre di più, e così a un certo punto tutti i lavori vennero affidati a me. Se il padrone doveva scappare da qualche parte per un’urgenza, mi attaccava alla schiena il carro dei campi e mi faceva correre di furia per le strade adatte; se invece voleva lavorare i campi, mi toglieva il carro dalla schiena e mi faceva camminare fra le sterpaglie per fare strada in mezzo ai rovi. Il vecchio contadino mi trattava come se fossi il suo braccio destro e il sinistro. Il cibo e i vestiti se li poteva permetter grazie a me e fu per merito mio che riuscì a sposarsi. Le tasse le pagava perché c’ero io a consegnarle e il granaio ero sempre io che lo riempivo. A quel tempo ero convinta che, quando fossi passata a miglior vita, per i miei meriti mi sarei guadagnata un onore simile a quello che si usa per i cavalli o per i cani, ovvero che il mio corpo fosse sepolto coperto con un velo. All’inizio nella casa del vecchio contadino non si vedeva né dieci né cinque dou1 di cibo messo da parte, adesso il grano raccolto ammonta a più di cinquanta dou; prima il padrone era così povero che nessuno gli prestava attenzione, adesso invece va a braccetto con tutta la buona società del villaggio; nei primi anni le coppe per il vino e le caraffe erano lasciate a prendere polvere, le labbra rimanevano asciutte e, per metà della sua vita, il padrone lasciò che la giara interrata non vedesse neppure una goccia di vino, ma adesso lui fa fermentare i cereali per produrre vino e, col bicchiere in mano, indulge orgoglioso ai piaceri con moglie e concubine; ai tempi il contadino indossava abiti fatti di stoffa grezza e aveva per amici solo pietre e alberi, non sapeva nemmeno come unire le mani per inchinarsi e dimostrare rispetto alle altre persone e in testa non aveva cultura, adesso prende in mano i libri, porta in testa il cappello, si cinge la vita con la cintura di pelle e indossa abiti larghi e comodi. Ogni striscia di seta e ogni chicco di grano sono stati il frutto del mio lavoro. Tuttavia, adesso che sono vecchia e malandata, il padrone mi maltratta e mi fa correre per i campi e le sterpaglie; il vento gelido sferza i miei occhi e il sole delle fredde giornate disegna sul terreno la mia ombra; ridotta a pelle e ossa, spoglia come i fianchi di una montagna, piango lacrime come fossero pioggia; la saliva mi cade dalla bocca e, quando le alzo, le zampe mi tremano per i morsi della fame; sul mio manto non c’è più nemmeno un pelo e le mie ferite non guariscono più. La moglie del vecchio contadino, che già era gelosa e bisbetica, adesso dalla mattina alla sera cerca di persuadere il marito dicendo: “Della mucca non si butta via niente: la carne si può seccare per mangiarsela, la pelle si può conciare, le ossa e gli zoccoli possono diventare degli utensili o degli strumenti.” Indicando il figlio maggiore poi dice: “Tu hai fatto pratica da cuoco per una vita, perché invece di aspettare non vai ad affilare il coltello?” A giudicare da queste cose, che si può ben dire non siano di buon auspicio, non posso nemmeno pensare a dove andrò a finire quando sarò morta. Anche se mi sono guadagnata grandi meriti, fra poco andrò incontro a una sorte terribile. Tu nei confronti del lupo che hai mai fatto di così importante per sperare di scampare alla morte?» Mentre ancora parlava, il lupo allungò le fauci e gli artigli per attaccare il Signor Dongguo. Questi però disse: «Non avere fretta!»

…continua…

Erbetta: «Per favore, dimmi che questa volta il lupo si mangia il signor Dongguo!»
Traduttore: «Temo che non sia ancora arrivata la fine…»
Erbetta: «Ma come? Ci sono pure due pareri favorevoli su tre! Dov’è la democrazia quando serve?»

Note del Traduttore

1 Nel testo si parla di “斛 – hú” o “担 – dàn”, che corrisponde a due secchi pieni (circa 50 litri) di quelli portati a spalle su un asse, e di “石 – dàn”, che rappresenta dieci “dou”, ovvero circa cento litri (o chili). Il dou è già presente fra le storielle di questo blog, in particolare questa ha origine proprio dall’unità di misura.

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中山狼传 – Auguri a vossignoria! III

settembre 14, 2011 at 7:28 PM (Storie di animali, Storie popolari) ()

“zhōng shān láng zhuàn” – Storia del lupo del monte Zhongshan

…continua da qua…

Il pover Dongguo si mise a lottare a mani nude con il lupo, cercando al tempo stesso di resistere agli attacchi e di indietreggiare, fino a che non riuscì a nascondersi dietro al mulo. Correndo in cerchio attorno al somaro, il lupo non riusciva a ferire l’uomo ma, d’altra parte, il Signor Dongguo faceva un grande sforzo per resistere. In questo modo entrambi finirono presto per essere spossati  e così decisero di fermarsi a riprendere fiato, con il mulo nel mezzo che li teneva a distanza. Il Signor Dongguo si lamentava: «Il lupo mi ha tradito! Il lupo mi ha tradito!» e allora l’animale diceva: «Non era davvero mia intenzione tradirvi, è il Cielo che ha voluto che quelli come voi facciano da cibo a noi lupi!» Dopo che la situazione di stallo era già durata a lungo e le ombre del giorno iniziavano ad allungarsi, il Signor Dongguo pensò fra sé: “Presto farà buio, a quel punto arriverà tutto il branco dei lupi e io morirò di certo!”. Perciò provò a convincere l’animale dicendo: «Secondo gli usi popolari, quando si verifica una situazione che non si sa risolvere, allora bisogna andare a chiedere a tre vecchi saggi. Adesso noi dovremmo semplicemente incamminarci assieme e cercare tre vecchi a cui chiedere consiglio. Se loro diranno che io devo essere mangiato, allora mi sottometterò a farmi mangiare; se invece dicono che non devo, allora lascieremo perdere questa storia.» Il lupo fu molto contento della proposta e insieme i due si misero in cammino.

Passò un po’ di tempo ma lungo la strada non si vedevano viaggiatori. Il lupo, malevolo, vide che sul bordo della strada si ergeva un vecchio albero e perciò disse, rivolgendosi all’uomo: «Possiamo chiedere a questo albero.» Il Signor Dongguo rispose: «Le piante non sanno nulla, che senso ha domandare a loro?» Il lupo però disse: «Basta solo chiedere, l’albero potrebbe avere qualcosa da dire.» L’uomo non poteva tirarsi indietro e così, dopo essersi inchinato verso l’albero con le mani giunte, raccontò tutta la situazione in ogni suo dettaglio. Alla fine chiese: «Stando così le cose, il lupo deve mangiarmi?» Dal profondo dell’albero, come un boato, risuonò una voce che disse al Signor Dongguo: «Io sono un albero di albicocche e, al vecchio contadino che mi piantò, sono costato giusto il nocciolo di un frutto. Dopo il primo anno sbocciarono i fiori, dopo un altro anno vennero i frutti, al terzo anno il mio tronco poteva essere preso fra due mani, al decimo poteva essere circondato con le braccia.  Arrivati a oggi ho vissuto venti anni. Il vecchio contadino mi mangia, la moglie del contadino e i loro figli mi mangiano, gli opiti che vengono da fuori e perfino i servi mi mangiano. Tutti mi mangiano e, come se non bastasse, mi vendono al mercato per fare profitto. I miei meriti nei confronti del vecchio contadino sono davvero grandi. Oggigiorno, però, sono vecchio, non posso più dare frutti e per questo il padrone è arrabbiato con me. Adesso vuole tagliare il mio fusto, spezzare i miei rami e strapparmi le foglie, e pensa perfino di vendermi alla bottega di un carpentiere in cambio di soldi. Ahimè! Oramai non sono altro che legno marcio e, vecchio come sono, non posso far nulla per evitare l’ascia e lo scalpello. Voi nei confronti di questo lupo che meriti avete per sperare di evitare la morte? Visto come stanno le cose, non c’è dubbio che dobbiate farvi mangiare!» Mentre ancora parlava, il lupo iniziò ad allungare le fauci e gli artigli per attaccare il pover uomo.

…continua…

Erbetta: «E così – a parte Dongguo –  vissero tutti felici e contenti! Questa volta il ragionamento dell’albero è giusto, no?»
Traduttore: «Beh, in realtà la storia non è ancora finita…»

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中山狼传 – Auguri a vossignoria! II

settembre 12, 2011 at 8:54 PM (Storie di animali, Storie popolari) ()

“zhōng shān láng zhuàn” – Storia del lupo del monte Zhongshan

…contina da qua…

Non molto tempo dopo arrivò Jianzi che, non riuscendo a trovare il lupo, si arrabbiò terribilmente e, brandendo la spada, tagliò la cima all’asse del carro. Guardando verso il signor Dongguo, disse con tono di intimidazione: «Se qualcuno osasse nascondere le tracce di quel lupo farà la stessa fine di questo legno!» Il pover uomo si prostrò a terra, si spinse avanti e, sempre restando inginocchiato, disse: «Questo umile servo vostro non è molto intelligente, camminava verso una destinazione lontana, desideroso di dare il suo contributo a questo mondo, ma lungo il percorso ha perso la strada. Come potrebbe trovare le tracce di un lupo e venire a indicarle ai vostri cani e ai vostri falchi? Una volta ho sentito dire che “camminando per la via maestra, se molti sono i sentieri secondari, pure una pecora si può perdere”. Anche un ragazzino può controllare una pecora, che è un animale docile e ubbidiente, ma se lungo la via si incontrano molte stradine, allora è facile smarrirla. Un lupo non si può nemmeno paragonare a una pecora e i sentieri che percorrono il monte Zhongshan in cosa dovrebbero essere diversi da quelle stradine in cui è facile smarrire una pecora? Il vostro cercare lungo la strada maestra, senza guardare da altre parti, non è forse come aspettare di fronte a un tronco che arrivino le lepri, o come salire su un albero per catturare i pesci1? Per non parlare del fatto che questa caccia riguarda gli ufficiali in servizio sul monte, i guardiacaccia col cappello di pelle, perciò dovreste andare a chiedere a loro. Uno come me, che passa di qua per caso, che colpa può avere? Questo vostro umile servo sarà solo uno sciocco, ma pensate che non sappia come sono fatti i lupi? La loro natura è quella di animali insaziabili e crudeli, che si riuniscono in branco per compiere malefatte. Vostra signoria cerca di eliminare questo flagello e io devo quindi fare il possibile affinché i vostri sforzi abbiano effetto, come potrei nascondere quell’animale e non dirvi nulla?» A queste parole Jianzi non ebbe nulla da ridire e, dopo essere risalito sulla carrozza, riprese la strada. Anche il Signor Dongguo prese il suo mulo e si mise in cammino, raddoppiando gli sforzi e la velocità.

Passò del tempo, piano piano le insegne del ministro scomparvero all’orizzonte e il rumore dei cavalli e della carrozza si affievolì fino a non essere più sentito. Il lupo stimò che Jianzi fosse oramai molto lontano e così, da dentro alla sacca, fece sentire la sua voce dicendo: «Vossignoria è stato davvero accorto! Adesso però mi faccia uscire da questa sacca, tagli via le corde che mi legano ed estragga la freccia che ho nella zampa. Voglio andarmene via!» Il Signor Dongguo liberò l’animale ma questi ringhiò e disse rivolgendosi all’uomo: «Fino a poco fa sono stato inseguito dai guardiacaccia, mi stavano per raggiungere ma la fortuna ha voluto che vossignoria mi salvasse. Adesso però sono affamato, affamato e senza cibo, e così alla fine sono di nuovo a un passo dalla morte. Piuttosto che crepare di fame sul bordo della strada, sarebbe stato meglio morire per mano di quei guardiacaccia, almeno sarei diventato la portata principale del banchetto di una ricca famiglia. Siccome vossignoria è uno studioso Moista e si è ridotto a pezzi dalla testa ai piedi pur di contribuire a fare del bene su questo mondo, perché adesso dovrebbe essere contrario a darmi in pasto il suo corpo per salvare dalla morte la mia povera vita?» Detto ciò, il lupo fece scattare in avanti la bocca e gli artigli per attaccare il Signor Dongguo.

…continua…

Erbetta: «E vissero tutti – tranne il signor Dongguo – felici e contenti.»
Traduttore: «Ma no! La storia continua!»
Erbetta: «Davvero? A me sembrava che il ragionamento del lupo non facesse una piega…»

Note del Traduttore

1 Entrambe queste espressioni sono dei chengyu. Il modo di dire “守株待兔 – shǒu zhū dài tù”, che letteralmente significa “far la guardia a un tronco aspettando i conigli”, è legato a una delle prime storielle che compaiono in questo blog, quella dell’albero fortunato. La storia che riguarda il chengyu “缘木求鱼 – yuán mù qiú yú”, che si può tradurre “salire su un albero per pescare un pesce”, avrà invece quanto prima un suo spazio.

Ho fatto alcune correzioni alla prima parte della storia,  ho anche aggiunto delle note e un piccolo scambio di battute fra la Regina e il Traduttore, a cui d’altra parte mi dispiaceva rinunciare.

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中山狼传 – Auguri a vossignoria!

settembre 10, 2011 at 3:01 PM (Storie di animali, Storie popolari) ()

“zhōng shān láng zhuàn” – Storia del lupo del monte Zhongshan

Un giorno Zhao Jianzi1, primo ministro del regno di Jin, decise di compiere una grande battuta di caccia sul monte Zhongshan2, i funzionari che conoscevano la zona guidavano davanti mentre i falchi e i cani da caccia seguivano dietro. Veloci uccelli e bestie feroci in gran numero cadevano al risuonare della corda dell’arco. Solo un lupo si fermò a quel suono, in piedi come un uomo, nel mezzo della via. Jianzi sputò sul palmo delle mani e scese con un salto dalla carrozza. Prese l’arco prezioso, incoccò una freccia affilata e, con un colpo, la freccia scomparve fino alla piuma nella carne dell’animale. Il lupo però scappò a gambe levate e Jianzi divenne furioso. Salì sulla carrozza e si mise all’inseguimento dell’animale. La polvere si sollevò a coprire il cielo e gli zoccoli dei cavalli battevano il terreno con il rumore di una spaventosa tempesta, uomini e cavalli non si distinguevano più a dieci passi di distanza.

Quel giorno, un filosofo Moista3 chiamato Signor Dongguo si stava recando a nord del monte Zhongshan per un incarico ufficiale. Aveva con sé un mulo malandato e in una grande sacca portava i suoi libri. Si era messo in viaggio molto presto quella mattina e a vedere quella minacciosa nuvola di polvere rimase molto spaventato. All’improvviso apparve di fronte a lui il lupo che, allungando la testa per guardarlo, gli disse: «Vossignoria avrà di certo il buon cuore di soccorrere una creatura in difficoltà? Conoscete la storia di Mao Bao che liberò una piccola tartaruga bianca e che, quando si trovò in mezzo a una battaglia senza sapere come attraversare il fiume, venne soccorso da quella stessa tartaruga che aveva salvato. O anche la storia del marchese di Sui, che curò con le sue medicine un serpente ferito e questi in cambio donò al suo salvatore una preziosa perla. Le tartarughe e i serpenti, per loro natura, non sono nemmeno paragonabili a noi lupi in quanto a intelligenza e capacità. Oggi mi trovo in questa terribile situazione, non vorreste perciò lasciare che mi nasconda nella vostra sacca per salvarmi la vita? Quando verrà il tempo saprò dimostrare la mia gratitudine per la benevolenza di vossignoria, che mi ha riportato in vita da una morte certa, ha ridato la carne alle mie ossa, o credete che non possa eguagliare con anche più impegno ciò che hanno fatto quella tartaruga e quel serpente?»

Il signore disse: «Se aiuto te nascondendoti sarò costretto ad andare contro il volere del ministro e a disubbidire alla autorità pubblica, e in cambio come posso aspettarmi di essere ripagato? L’insegnamento di Mozi, però, il cui principio primo è l’amore universale4, mi impone di prestarti soccorso per salvare la tua vita. Anche se questo dovesse portare a un disastro, per principio non posso tirarmi indietro.» Detto ciò, tolse in fretta tutti i suoi volumi dalla sacca e con un po’ di sforzo provò a far entrare il lupo nello spazio liberato dai libri. Da davanti, però, aveva paura a spingere sul muso, da dietro invece temeva a premere sulla coda, così provò ancora e ancora ma non riuscì a farlo entrare nella sacca. Intanto i cacciatori instancabili si avvicinavano sempre di più. Il lupo esclamò: «Ah, bisogna fare in fretta! Vossignoria pretenderebbe davvero di salvare un uomo che affoga o di domare un incendio con gentilezza e buone maniere? Pensa davvero di catturare un ladro stando seduto in carrozza a scampanellare? Prego vossignoria di sbrigarsi a fare ciò che serve!» Detto ciò, raccolse le quattro zampe e, presa una corda, si fece legare dal Signor Dongguo dentro il sacco: abbassò la testa e piegò la coda, quindi inarcò la schiena e infilò il muso nel mezzo. Quando l’uomo ebbe finito, il lupo sembrava un riccio chiuso a palla, o un baco nel suo bozzolo da farfalla, o un serpente avvolto nelle sue spire o anche una tartaruga nascosta nel suo guscio. Seguendo le indicazioni, il Signor Dongguo riuscì a far entrare l’animale nella sacca e a chiudere bene l’apertura. A quel punto, dopo aver caricato la sacca sul mulo, si allontanò dal sentiero e si mise ad aspettare che passasse Zhao Jianzi con i suoi uomini.

…continua…

Traduttore: «…e così finisce la prima parte della storia.»
Erbetta: «Non ci credo, ora pure le storielle a puntate…»
Traduttore: «È solo per tenere alta la tensione, far appassionare i nostri lettori…»
Erbetta: «Eh?»
Traduttore: «Ok, è solo che la storia è troppo lunga!»

Note del Traduttore

1 Non ho trovato molte notizie su Zhao Jianzi (赵简子 – Zhào Jiǎnzǐ), ministro del regno di Jin sul finire del periodo delle Primavere e Autunni. Alla caduta di questo regno, di cui si è parlato in molte storielle, tre clan si divisero il potere e fra questi il clan Zhao, che occupò la zona più settentrionale del regno, vicino alla regione di Zhongshan.

2 Il monte Zhongshan (中山 – Zhōngshān), nome questo che indica semplicemente un “monte di mezzo”, si strovava nella regione dell’attuale Hebei, a est di quella che oggi è la città di Pechino.

3 Il Moismo (墨家 – Mòjiā) fu una scuola di pensiero sviluppata dai discepoli del filosofo Mozi (墨子 – Mòzǐ), conosciuto anche con il nome latinizzato di Micius. Il Moismo, che assieme a Confucianesimo, Taoismo e Legalismo fu una delle quattro principali scuole filosofiche della Cina antica, si sviluppò alla fine del periodo delle Primavere e Autunni e durante la successiva epoca degli Stati Combattenti. Con l’ascesa della dinastia Qin, il Legalismo venne adottato come filosofia di Stato e le altre scuole di pensiero furono soppresse. In seguito, la dinastia Han e gran parte delle dinastie successive adottarono il Confucianesimo come filosofia ufficiale e il Moismo andò lentamente scomparendo, entrando a far parte dei canoni Taoisti.

4 Alla base del pensiero di Mozi vi era il principio di amore universale (兼爱 – jiān ài), letteralmente “amore imparziale”, ovvero di carità verso gli altri a prescindere dai rapporti che potessero intercorrere. In questo la filosofia Moista si contrapponeva a quella del Confucianesimo che, pur sostenendo il fatto che l’amore dovesse essere incondizionato, non riteneva giusto che fosse indiscriminato: i figli, ad esempio, dovevano ai genitori un amore maggiore di quello dovuto agli estranei.

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端午节 – Cibo per i pesci

giugno 7, 2011 at 10:17 PM (Appunti, Storie popolari) (, )

“duān wǔ jié” – La festa delle Barche Drago

Durante il periodo degli Stati Combattenti viveva nel regno di Chu un uomo chiamato Qu Yuan1 che serviva il re Huai di Chu in qualità di ministro. Qu Yuan credeva nella necessità di formare uomini di valore, rendere il paese prospero, con un esercito forte e, soprattutto, credeva che fosse importante stringere un’alleanza con il regno di Qi per fronteggiare l’ascesa del regno di Qin.

Purtroppo, molti nobili si opposero fortemente a questo progetto, calunniando il saggio ministro e costringendolo a lasciare il suo incarico. Qu Yuan venne bandito dalla capitale del regno e andò in esilio nella regione dei fiumi Yuan e Xiangjiang. Durante questo periodo, sulla spinta delle preoccupazioni per le sorti della sua patria, scrisse molte poesie immortali dallo stile unico e che ebbero una grande influenza sui posteri. Nell’anno 278 a.C. l’esercito di Qin riuscì a farsi strada nella capitale del regno di Chu. Qu Yuan vide con i suoi stessi occhi che la sua patria era invasa dai nemici e ne ebbe il cuore affranto. Non potendo sopportare di abbandonare il suo paese, il quinto giorno del quinto mese, subito dopo aver terminato la scrittura di una poesia, prese con sé una pietra e si gettò nel fiume Miluo per morire.

La leggenda racconta che la gente del regno di Chu fu molto addolorata dal gesto di Qu Yuan e, uno dopo l’altro, accorsero sulle rive del fiume per rendergli omaggio. I pescatori guidarono le loro barche lungo il corso del fiume per recuperare il corpo del poeta. Alcuni di questi pescatori gettarono nel fiume delle palle di riso, uova e altro cibo come offerta per il morto e per fare in modo che i pesci, i draghi e gli altri animali si saziassero e non toccassero il corpo del nobile Qu. Le persone sulle rive del fiume iniziarono una dopo l’altra a imitare il gesto dei pescatori. Un vecchio medico portò del liquore rituale e lo versò nell’acqua, dicendo che in quel modo il drago del fiume sarebbe stato confuso e non avrebbe potuto fare del male al corpo del nobile Qu. Per spaventare il drago, la gente pensò di sistemare il riso e il cibo in fagotti triangolari avvolti nella seta o in foglie di canna e in questo modo nacquero gli zongzi2.

Da allora, ogni anno il quinto giorno del quinto mese le barche drago gareggiano fra di loro, le persone mangiano gli zongzi e bevono il liquore di realgar, tutto questo per commemorare il poeta Qu Yuan e l’amore che dimostrò per la sua patria.

Traduttore: «Quella di oggi non è una storiella legata a un modo di dire e non ha una morale. Ieri era il quinto giorno del quinto mese del calendario tradizionale e per festeggiare, in mancanza di zongzi, mi è sembrato giusto tradurre questa storiella.»
Erbetta: «Mio buon storiellografo, se mai volessi decidere di seguire l’esempio di Qu Yuan, sappi che ho tutto il necessario.»
Traduttore: «Sua Maestà ha preparato le palle di riso e il liquore?»
Erbetta: «Ma no, la pietra! E poi lo sai che il drago del fiume del regno di Mei non digerisce il riso.»  

Note del Traduttore

1 Qu Yuan (屈原 – Qū Yuán) visse nel regno di Chu fra il 340 e il 278 a.C. dove ricoprì la carica di ministro al servizio del re Huai (楚怀王 – Chǔ Huái wáng). Come raccontato nella storia, Qu Yuan fu costretto all’esilio dalle calunnie di altri ministri corrotti e invidiosi e, durante questo periodo, si dedicò intensamente all’attività poetica, diventando uno dei primi e dei più famosi esponenti della poesia cinese antica. I suoi versi sono considerati fra i maggiori esempi del Romanticismo della letteratura cinese e hanno influenzato alcuni dei grandi poeti dell’epoca Tang, come Li Bai (di cui ho parlato in quest’altra occasione). Si racconta che nel 278 a.C., dopo aver saputo che il regno era caduto sotto l’attacco dei nemici, Qu Yuan scrisse un lungo poema in cui esprimeva molta tristezza per il destino della sua patria e rabbia nei confronti di chi aveva mal governato. Dopo di ciò, Qu Yuan si suicidò gettandosi nel fiume Miluo (汨罗江 – Mìluó jiāng). Una tradizione vuole questo gesto di amore per la propria patria sia avvenuto il quinto giorno del quinto mese del calendario tradizionale, e che da ciò sia nata la festa delle Barche Drago, chiamata anche “festa dei poeti” proprio in onore di Qu Yuan.

2 Gli zongzi (粽子 – zòngzi) sono un cibo tradizionale della festa di Duanwu, conosciuta in occidente come festa delle Barche Drago. Si tratta, come descritto nella storiella, di fagottini triangolari (una immagine si può trovare qui) fatti con foglie di canna e contenenti una palla di riso glutinoso con dentro un ripieno di vario tipo (può essere sia dolce che salato). Assieme a questi pasticcini tradizionali è uso bere un liquore chiamato (su wikipedia) vino di realgar (雄黄酒 – xiónghuáng jiǔ) ma sulla cui traduzione ho diversi dubbi.

La festa di Duanwu (端午节 – duānwǔ jié), chiamata anche “festa del doppio cinque”, ha inizio nella Cina antica e viene fatta risalire a origini diverse, la più famosa delle quali è quella riportata nella storia di oggi (l’episodio della morte di Qu Yuan è descritto anche nelle “Memorie di uno Storico” di Sima Qian).  Oltre agli zongzi e al vino di realgar, l’evento principale che distingue le celebrazioni del Duanwu è la gara fra le barche drago e da questo la festa prende l’altro suo nome, “龙船节 – lóngchuán jié”, con cui è conosciuta in Occidente.

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双喜临门 – Una doppia fortuna

marzo 20, 2011 at 5:49 PM (Chengyu, Storie popolari) (, )

“shuāng xǐ lín mén” – Due eventi felici in famiglia

Si racconta che quando Wang Anshi1 aveva ventitre anni andò nella capitale per affrontare l’esame imperiale. Durante il viaggio il giovane attraversò il villaggio della famiglia Ma2 e, essendo ormai scesa la sera, Wang Anshi decise di fermarsi lì per riposare. Dopo aver mangiato, visto che era libero e non aveva niente da fare, il giovane si mise a passeggiare per strada e, di fronte a una grande casa che aveva l’aspetto di appartenere a una ricca famiglia, vide una lanterna3 dalla luce vivace e su cui si moveva, per effetto del calore della luce, un carosello di cavalli di carta. Wang Anshi si avvicinò per osservare meglio e notò che sulla carta erano scritti i versi “Luce del cavallo in corsa, corre il cavallo alla luce, ferma i suoi passi il cavallo quando la luce riposa”. Questi versi componevano la metà di una coppietta, un duilian4, ed erano in attesa di qualcuno che completasse la poesia. Wang Anshi non poté fare a meno di battere le mani ed esclamare: «Che bella!». Uno dei custodi della casa che si trovava lì vicino andò subito a riferire la cosa al suo padrone ma, quando il signore di Ma uscì di casa, non c’era più traccia di Wang Anshi.

Il giorno seguente, Wang Anshi arrivò nella capitale ed entrò nella sala dell’esame. In breve tempo completò la prova e consegnò il suo foglio. Il capo degli esaminatori si accorse che il ragazzo era molto intelligente e lo fece passare senza difficoltà al colloquio. L’esaminatore indicò una bandiera che sventolava di fronte alla sala e con una tigre dipinta sopra, e disse: «Bandiera di una tigre in volo, vola la tigre sulla bandiera, nasconde il suo corpo la tigre quando la bandiera è avvolta». Subito a Wang Anshi tornarono in mente i versi letti sulla lanterna appesa di fronte alla casa del signore di Ma e senza perdere tempo per pensare rispose: «Luce del cavallo in corsa, corre il cavallo alla luce, ferma i suoi passi il cavallo quando la luce riposa». La sua accoppiata fu così azzeccata e veloce che il capo esaminatore si spese in grandi lodi nei confronti del giovane.

Finito l’esame, Wang Anshi tornò al villaggio della famiglia Ma per rivedere la lanterna del cavallo che lo aveva aiutato. Mentre osservava la luce che era appesa di fronte alla casa del signore di Ma, Wang Anshi fu riconosciuto dal custode. Questi aveva atteso a lungo di ritrovare il giovane gentiluomo che alcuni giorni prima aveva lodato i versi sulla lanterna e questa volta invitò Wang Anshi a entrare nella corte della casa. Dopo aver preso del te, il signore di Ma impaziente chiese con calore al giovane di trovare una seconda strofa per i versi scritti sulla lanterna. Wang Anshi colse di nuovo al volo l’offerta e, senza pensarci su, scrisse: «Bandiera di una tigre in volo, vola la tigre sulla bandiera, nasconde il suo corpo la tigre quando la bandiera è avvolta». Il padrone di casa rimase colpito dall’ingegno e dall’eleganza dei versi del giovane. Subito fece chiamare sua figlia e propose a Wang Anshi di prenderla in sposa e scegliere un giorno propizio per celebrare il matrimonio. In effetti, i versi che comparivano sulla lanterna erano stati scritti dalla giovane figlia del signore di Ma per quello scopo.

Il giorno delle nozze, il palazzo della famiglia Ma era ovunque pieno di gioia. Proprio quando il giovane sposo e la bella sposa stavano compiendo il rituale delle nozze, onorando il Cielo e la Terra, giunse un messagero che portò la notizia: «Wang il grande ha superato l’esame imperiale!» A felicità si aggiunse altra felicità, il signore di Ma gioì della buona e inaspettata notizia e subito diede inizio ai doppi festeggiamenti. Contento per i due fortunati eventi che avevano allietato la famiglia, Wang Anshi prese un pennello e della carta rossa e disegnò in un grande carattere due volte la parola felicità5. Questa scritta fu appesa sulla porta del palazzo e da allora si usa come buon augurio.

Erbetta: «La morale di questa storia è che scrivere poesie è il modo migliore per avere successo nella vita, specie se sono gli altri a farlo al posto tuo!»
Traduttore: «Dubito che funzioni ancora così, almeno per quanto riguarda le poesie. In realtà questo modo di dire è un augurio di felicità utilizzato soprattutto per i matrimoni.»


Note del Traduttore

1 Wang Anshi (王安石 – Wáng Ānshí) fu un economista, uomo politico e poeta vissuto fra il 1021 d.C. e il 1086 d.C., durante la dinastia Song. A lui si deve un tentativo di riforma dell’economia dello stato indirizzata verso un controllo del governo sui monopoli e la creazione di uno stato sociale. Inoltre riformò il sistema degli esami imperiali e tentò di limitare il nepotismo nel reclutamento dei funzionari. È considerato uno degli Otto Grandi della prosa dell’epoca Tang e Song (唐宋八大家 – Táng Sòng bā dà jiā).

2 Il nome “villaggio della famiglia Ma” dovrebbe essere la traduzione di “马家镇 – Mǎ jiā zhèn”. Attualmente, con questo nome si indica un villaggio nella regione di Chengdu, nel Sichuan.

3La parola “走马灯 – zǒu mǎ dēng” significa “lanterna del cavallo che corre” ed è un’espressione usata per indicare un tipo di lanterna che sfrutta il moto convettivo dell’aria calda per far muovere delle figure di carta.

4 Il duiliang (对联 – duìlián), che io ho tradotto con “coppietta”, è una forma poetica molto comune in Cina che consiste di due versi costruiti in stretta similitudine. I due versi devono avere lo stesso numero di caratteri e questi devono essere disposti in parallelo, nome con nome, verbo con verbo, seguendo anche delle regole precise sull’andamento dei toni. È uso comune quello di sfidarsi a completare i versi a vicenda.

5 Il simbolo “囍”, che raffigura due volte il carattere “felicità” (喜 – xǐ),  non rappresenta un vero carattere della lingua cinese ma è considerato un segno di buon augurio e si trova sempre in occasione di matrimoni e feste importanti (spesso in colore rosso, considerato anch’esso propizio).

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愚公移山 – Niente è impossibile

marzo 3, 2011 at 11:19 PM (Chengyu, Storie popolari) ()

“yú gōng yí shān” – Il vecchio Yugong sposta le montagne

Tanto tempo fa, i monti Taihang e Wang Wu1 si trovavano a sud della città di Jizhou e a nord del Fiume Giallo. Sul versante nord, viveva un uomo chiamato Yugong che aveva raggiunto la ragguardevole età di novanta anni. La sua casa era situata ai piedi delle due grandi montagne e per le persone era molto difficile attraversare quella regione. Un giorno, Yugong riunì tutta la famiglia e disse: «Questi due monti ostruiscono la via che passa dalla nostra casa e quando usciamo siamo costretti a fare un percorso tortuoso per attraversarli. Perché allora non ci diamo tutti da fare per muovere queste due grandi montagne?» I figli e i nipoti di Yugong, dopo aver ascoltato le sue parole, subito risposero: «Quello che dici è giusto, mettiamoci subito al lavoro!»

La moglie di Yugong riteneva però che spostare quei due monti fosse un’impresa molto difficile e per questo espresse i suoi dubbi, dicendo: «Abbiamo già vissuto molti anni in questa situazione, perché non possiamo continuare a fare la vita di sempre? Inoltre, anche se fosse possibile spostare due montagne così grandi un po’ alla volta, dove andremo a mettere tutte quelle pietre e quella terra?»

Le parole della moglie di Yugong ebbero un effetto immediato e tutta la famiglia si mise a discutere del problema. Alla fine però furono tutti d’accordo e decisero: «Porteremo tutte le pietre e tutta la terra fino al mare Bohai, a nord della regione degli eremiti». Il giorno seguente, Yugong, i suoi figli e i suoi nipoti iniziarono a spostare le montagne. La vicina di casa era una vedova che aveva un figlio di sette o otto anni. Appena il ragazzo seppe che la famiglia di Yugong stava spostando le montagne, fu molto contento e andò anche lui ad aiutarli. Gli unici strumenti che avevano erano delle zappe e delle ceste, la distanza fra i monti e il mare era grande e in un giorno una persona non riusciva a fare più di un viaggio fra andata e ritorno. Passò un mese e le grandi montagne non apparivano diverse da quando il lavoro era iniziato.

C’era nel villaggio un uomo chiamato Zhi Suo, che pensava di essere molto accorto. Quando questi vide Yugong e la sua famiglia impegnati a muovere le montagne, pensò che la cosa fosse del tutto ridicola. Così, un giorno, disse a Yugong: «Tu sei già molto vecchio, fai anche fatica a camminare per strada, come puoi pensare di spostare queste due enormi montagne?» Yugong rispose: «Il tuo nome è Zhi Suo e significa “vecchio saggio”2, ma secondo me non sei più intelligente di un bambino. Anche se io dovessi morire, ho pur sempre dei figli e quando anche loro moriranno ci saranno sempre i miei nipoti, e poi i figli dei miei nipoti e i loro nipoti e così di generazione in generazione senza avere mai fine. Invece su questi monti le pietre saranno sempre di meno e, anche se ne spostiamo poche per volta, di sicuro non crescerà nemmeno un piccolo sasso o un pugno di terra. Se noi continuiamo a lavorare in questo modo, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, come potremmo non muovere le montagne?» A queste parole, Zhi Suo rimase in silenzio senza sapere cosa dire.

Il dio della montagna sentì anche lui le parole di Yugong e, spaventato dall’idea che quella famiglia non avrebbe mai smesso di scavare la sua montagna, andò a riferire tutto all’Imperatore Celeste. Questi fu commosso dalla storia e ordinò a due immortali di scendere sulla terra e muovere quelle due montagne. Una di queste venne portata a est mentre l’altra venne portata molto a sud. Così, da quel giorno, non ci furono più monti che separassero la città di Jizhou dal fiume.

Traduttore: «Questo modo di dire si usa per indicare che, con l’impegno e la buona volontà, si possono compiere anche le imprese che sembrano impossibili. Come chengyu mi sembrava adatto per festeggiare la centesima storiella.»
Erbetta: «Dì la verità, in fondo non è stato così terribile… a pensarci prima, anche l’idea di spostare la montagna non era male. Ehi! Non vale pregare l’Imperatore Celeste!»
Traduttore: «Doh!»

Note del Traduttore

1 I monti Taihang (太行山 – Tàiháng shān) si trovano nella regione che divide la provincia dello Shanxi (nome che significa proprio “a ovest dei monti”) da quella dello Shandong (che significa invece “a est dei monti”). Il monte Wangwu (王屋山 – Wángwū shān), invece, si trova più a sud, nella parte settentrionale del Henan (che letteralmente significa “a sud del fiume”).

2 I protagonisti di questa storia hanno dei nomi molto particolari e, per quanto la storia cerchi di dimostrare il contrario, “愚公 – yúgōng” significa “signor sciocco” mentre “智叟 – zhìsǒu” si può tradurre come “vecchio uomo saggio”.

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刘大请客 – Degli amici permalosi

febbraio 27, 2011 at 2:00 PM (Storie buffe, Storie popolari) ()

“liú dà qǐng kè” – Liu Da ha ospiti

Liu Da era un uomo che non ci sapeva fare con le parole e per questo gli capitava spesso di offendere le altre persone senza nemmeno rendersene conto. Il giorno del suo cinquantesimo compleanno, invitò per festeggiare i suoi amici Zhang San, Li Si, Wang Wu e Zhao Liu1.

Si stava per servire la cena ma Zhao Liu non si era ancora presentato. Il padrone di casa dispiaciuto disse: «Chi doveva venire non è venuto.» Zhang San sentì queste parole e pensò fra sé “allora io non sono fra quelli che dovevano venire” e come conseguenza prese le sue cose e se ne andò.

Quando Liu Da si accorse che Zhang San se ne andava via, preoccupato disse: «Ah, chi non doveva andarsene se ne va!» Li Si ascoltò questa frase e pensò che fosse di cattivo gusto. Riflettendo fra sé si disse “vuoi vedere che sono io quello che doveva andarsene?” e, senza aspettare oltre, se ne andò via.

Il padrone di casa vide che anche Li Si andava via e, prendendosi la testa fra le mani in segno di sconforto, disse rivolto a Wang Wu: «Ma io non stavo parlando di lui!» Wang Wu allora pensò “se non intendeva dire a lui di andarsene, allora stava parlando di me” così anche lui si alzò e se ne tornò a casa.

Alla fine, Liu Da si ritrovò a casa da solo senza nemmeno capire come mai tutti i suoi ospiti fossero spariti.

Erbetta: «Caro storiellografo, ti faccio notare che anche la storia di oggi è piuttosto corta, temo che a qualcuno verrà tagliata la testa e, per evitare fraintendimenti, sappi che mi riferisco a te.»
Traduttore: «Non avevo dubbi… La storia vuol mettere in guardia su quel che si dice e invita a pensare bene prima di aprir bocca, specie se si decide di raccontare storielle a una regina sanguinaria!»


Note del Traduttore

1 I nomi Zhang San (张三 – Zhāng Sān), Li Si (李四 – Lǐ Sì), Wang Wu (王五 – Wáng Wǔ) e Zhao Liu (赵六 – Zhào Liù) sono nomi fittizi usati come i nostri “Tizio, Caio e Sempronio” o un comune “Mario Rossi”. La cosa è ancora più evidente perché i nomi seguono i numeri da tre a sei, “三 – sān”, “四 – sì”, “五 – wǔ” e “六 – liù”. L’espressione “张三李四 – zhāng sān lǐ sì” è divenuta sinonimo di “qualcuno” esattamente come il nostro “tizio e caio”.

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