明察秋毫 – La via del Re

dicembre 4, 2011 at 10:43 PM (Chengyu, Storie di re e ministri) ()

“míng chá qiū háo” – Vedere chiaramente le sottili piume d’autunno

Xiaobai, ovvero il duca Huan di Qi, e Chong’er, il duca Wen di Jin, durante il periodo delle Primavere e Autunni divennero, prima uno e poi l’altro, Egemoni e ogni altro principe feudale dovette sottomettersi al loro potere. Alcune centinaia di anni più tardi, durante il periodo degli Stati Combattenti, il re Xuan di Qi pensò anch’egli di proclamarsi Egemone. Per questo si rivolse a Mencio e disse: «Lei può raccontarmi le imprese del duca Huan di Qi o del duca Wen di Jin, affinché io possa imparare?» Mencio però rispose: «Mi dispiace, noi discepoli di Confucio non abbiamo mai raccontato le imprese degli Egemoni. Noi possiamo solo parlare della Via dei Re, la strada di coloro che grazie alla forza delle loro virtù sono in grado di unificare la terra sotto il Cielo.» Il re Xuan di Qi perciò chiese: «Quali sono allora le virtù necessarie per unificare la terra sotto il Cielo?» Mencio disse: «Mi hanno raccontato che una volta, in occasione della costruzione di una nuova campana, mentre si preparava il sacrificio di un bue, vostra maestà abbia guardato quell’animale che, pur senza colpe, si apprestava a essere ucciso, e in cuor suo non ha più avuto la forza di farlo. A giudicare dal vostro buon cuore, niente vi impedisce di percorrere la Via dei Re, ovvero di adottare la politica della benevolenza e unificare la terra sotto il Cielo. Il problema perciò non è se voi possiate o meno seguire questa strada, il problema è se voi la seguirete oppure no! È come se un uomo dicesse: “La mia forza è tale da sollevare più di mille chili, ma non posso tirar su una piuma; il mio sguardo è in grado di vedere con chiarezza cose sottili come le piume e il pelo degli animali d’autunno, ma non riesco a vedere la legna per il fuoco che riempie il carretto”. Vostra maestà potrebbe credere a parole simili?» Il re Xuan di Qi rispose: «Senza dubbio no!» Senza attendere, subito Mencio disse: «Certo che non potrebbe crederci! Ora, però, avete dimostrato che il vostro cuore può essere magnanimo nei confronti degli animali, ma non siete capace di dimostrare altrettanta magnanimità nei confronti del vostro popolo, e anche questo sarebbe ben difficile da credersi! Il motivo per cui la vostra gente non può vivere in pace e lavorare felice è che in fondo voi non vi curate di loro. È chiaro, perciò, che il problema è se vostra maestà fa o non fa le cose necessarie, non se ne ha la capacità o meno. Quando voi mi chiedete se siete in grado di seguire la Via dei Re, di unificare la terra sotto al Cielo, il problema è che non fate, non che non potete fare!»

Erbetta: «La morale di questa storia è senza dubbio che sono tutti bravi a fare i filosofi con il regno degli altri! Vorrei vederli alla prova, questi professori…»
Traduttore: «Eh, in effetti la cosa non è rassicurante. Però, in realtà, questo modo di dire dovuto a Mencio si usa per indicare chi ha una chiara visione delle cose e distingue ogni dettaglio. Inoltre, insegna che il giusto regnante non segue la Via degli Egemoni ma quella della virtù e della benevolenza…»
Erbetta: «E immagino che la prima cosa che abbia fatto il re Xuan sia stata di far fuori tutti i filosofi… e gli storiellografi inopportuni!»

Note del Traduttore

Il duca Huan di Qi è stato oggetto di questa storia, mentre il duca Wen di Jin è già comparso per esempio in questa. Allo stesso modo, anche Mencio non è nuovo alle storielle. La benevole Via dei Re (王道 – Wáng dào), contrapposta alla dispotica Via degli Egemoni (霸道 – Bà dào), era alla base della filosofia politica di Confucio, di cui Mencio fu il principale interprete.

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专心致志 – Due studenti diversi

aprile 10, 2011 at 2:16 PM (Chengyu, Storie di re e ministri) (, )

“zhuān xīn zhì zhì” – Concentrazione e impegno

Il filosofo Mencio1 disse: «Anche se il giudizio di sua Maestà a volte è offuscato, non c’è niente che non sia in grado di comprendere. Anche la pianta che cresce più facilmente se viene esposta al sole per un giorno e poi al gelo per dieci giorni non ha alcuna possibilità di crescere. Le volte che io e sua Maestà ci siamo incontrati non sono molte. Quando io mi allontano da sua Maestà, subito arrivano tutte quelle persone malintenzionate che “congelano” la sua capacità di giudizio e quei principi di onestà e bontà del suo cuore sono uccisi come i germogli dal gelo. Come posso io fare qualcosa a riguardo? È un po’ come imparare a giocare a scacchi2, anche se si tratta di una piccola abilità, se non si studia con impegno e concentrazione non c’è modo di imparare. Yi Qiu è un grade esperto del gioco del weiqi ed è famoso in tutto il paese. Un giorno si trovò a insegnare il gioco a due ragazzi nello stesso tempo ma uno dei due studiava con impegno e dedizione, ascoltando le parole di Yi Qiu senza distrarsi un secondo; l’altro ascoltava anche lui le parole del maestro, ma in cuor suo pensava sempre agli uccelli che volavano nel cielo e immaginava di preparare tutte le sue cose per andare fuori con arco e frecce a dargli la caccia. Questo secondo ragazzo, che pure studiava fianco a fianco di quello serio e attento, non era certo in grado di batterlo. Secondo voi, questo è dovuto al fatto che l’uno non avesse la stessa intelligenza dell’altro? La risposta è senza dubbio “no”.»

Erbetta: «La morale della storia è che, se il tuo unico compagno di classe è un secchione, è meglio andare a tirare frecce agli uccelli. Giusto?»
Traduttore: «Non proprio. In realtà questo modo di dire si usa per indicare che si impegna con tutto se stesso nel fare qualcosa.»


Note del Traduttore

1 Il filosofo Mencio è già stato oggetto di alcune storielle, ad esempio questa.

2 Il gioco degli scacchi di cui si parla è il weiqi, anche conosciuto come go, e di cui ho parlato in questo appunto. Il carattere “弈 – yì” che compone il nome Yi Qiu (弈秋 – Yì Qiū) è anche l’antico nome di questo gioco.

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出尔反尔 – Politica elementare

febbraio 17, 2011 at 10:53 am (Chengyu, Storie di re e ministri) ()

“chū ěr fǎn ěr” – Fare in un modo e il contrario di quello

Al tempo degli Stati Combattenti, fra il regno di Zou e il regno di Lu scoppiò una guerra e il regno di Zou, sconfitto, perse sul campo di battaglia non pochi soldati e ufficiali. Il duca Mu di Zou1 era molto scontento di come erano andate le cose e per questo chiese a Mencio2: «Nel corso di questi combattimenti sono morti molti dei miei ufficiali, ma fra la gente comune non c’è stato nemmeno un uomo che abbia dato tutto se stesso per impedirlo, sono stati tutti a guardare mentre i miei ufficiali in comando venivano uccisi e nessuno è andato in loro soccorso. Questo è un comportamento sommamente odioso. Se adesso facessi uccidere queste persone, dovrei condannare a morte così tanti uomini che non finirei mai. D’altra parte, però, sarebbe ancora più odioso se un crimine del genere restasse impunito. Mi dica lei, saggio Mencio, quale è il modo corretto di agire?»

Il filosofo in risposta disse: «Bisogna ricordare che c’è stato un anno di grande carestia, fra la gente del regno le persone più vecchie e deboli morivano di fame in mezzo a valli e pianure incolte, mentre le persone più forti e giovani sono scappate via dalla carestia in gran numero. I granai di sua Maestà, però, erano pieni di provvigioni, e le ricchezze dello stato erano più che adeguate a fronteggiare il problema. Gli ufficiali che erano incaricati di raccogliere i tributi non hanno informato sua Maestà di questa grave situazione, se ne sono stati al riparo della loro alta posizione, senza far nulla per aiutare il popolo che soffriva e contribuendo a far morire la povera gente.»

Dopo che ebbe finito di esporre le sue considerazioni sugli avvenimenti passati, Mencio continuò il discorso e disse: «Sua maestà si ricorda cosa disse il discepolo di Confucio, il saggio Zengzi? Lui disse che bisogna fare molta attenzione a come si tratta il proprio prossimo, perché allo stesso modo verremo trattati da lui. In questa occasione, il popolo ha avuto l’opportunità di vendicarsi e ha trattato quegli alti ufficiali usando il loro stesso metodo.»

Alla fine, Mencio diede il suo consiglio al duca Mu, dicendo: «Perciò, sua Maestà non deve dare la colpa a queste persone e non deve nemmeno punirle. Se sua Maestà riesce a dimostrare benevolenza, il popolo avrà a cuore la cura dei suoi alti ufficiali e per loro sarà disposto a dare la vita.»

Erbetta: «Qualcosa mi dice che il saggio Mencio era fra quelli che assistevano al massacro con una bella busta di pop-corn in mano…»
Traduttore: «In effetti, avrei fatto lo stesso… In origine, questo modo di dire si usava per indicare che si raccoglie ciò che si semina. Con il passare del tempo, però, questa espressione ha cambiato significato e, oggigiorno, si usa per indicare chi contraddice se stesso, dicendo una cosa e il contrario di quella3


Note del Traduttore

1 Riguardo al duca Mu di Zou (邹穆公 – Zōu Mù gōng) e al regno di Zou (邹国 – Zōuguó) non ho trovato molte informazioni. Il regno, che all’inizio aveva il nome di Zhu (邾 – Zhū), fu uno dei molti stati vassalli della dinastia Zhou durante il periodo delle Primavere e Autunni e quello degli Stati Combattenti. Posto nella regione sud-occidentale dell’attuale provincia dello Shangdong, il regno di Zou era sotto il controllo del regno di Lu. Come successo per molti di questi piccoli stati, quando il regno di Zou fu conquistato dal regno di Chu, la famiglia regnante e i suoi discendenti presero il cognome Zhu, che è tutt’oggi molto diffuso in Cina.

2 Il filosofo Mencio, che era originario del regno di Zou, e il suo predecessore Zengzi, entrambi esponenti di primo piano del Confucianesimo, sono stati già protagonisti di altre storielle, fra cui queste due (per Mencio e per Zengzi) che coinvolgono le rispettive madri.

3 Credo che l’ambiguità dell’espressione “出尔反尔” sia anche dovuta al fatto che il carattere “反 – fǎn” può essere interpretato sia come “ricevere per contro” sia come “fare il contrario”.

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孟母三迁 – Le cattive compagnie

dicembre 3, 2010 at 9:30 am (Chengyu) (, )

“mèng mǔ sān qiān” – I tre traslochi della madre di Mencio

Tanto tempo fa viveva un famoso filosofo chiamato Mencio1 che, quando era un bambino, aveva perso prematuramente il padre. La madre, per restare fedele alla memoria del marito, non si era risposata e aveva deciso di prendersi cura da sola del figlio. Loro due, all’inizio, vivevano in una casa nei pressi di un cimitero. Il giovane Mencio, assieme agli altri ragazzi della sua età, si divertiva a studiare il comportamento degli adulti che passavano da quella zona e così imparò a inginocchiarsi per pregare, a imitare il pianto e i lamenti dei parenti, e iniziò a giocare con gli altri bambini a fare i funerali. Quando la madre lo scoprì, aggrottò le sopracciglia e disse: «Non va bene! Non posso permettere che mio figlio viva ancora in questo posto!»

La donna allora prese tutte le loro cose e si trasferì assieme al figlio vicino a una piccola fiera cittadina, nei pressi di un mattatoio dove si macellavano maiali e pecore. Di nuovo, il giovane si divertiva con gli altri ragazzini ad andare al mercato e a imparare dagli adulti come funzionavano gli affari e come si macellavano le pecore e i maiali. Non appena la madre di Mencio lo venne a sapere, di nuovo aggrottò le sopracciglia e disse: «Anche questo posto non è adatto per mio figlio!»

E così si trasferirono di nuovo in un’altra casa. Questa volta, il posto in cui andarono ad abitare era molto vicino a una scuola. Ogni primo del mese, gli ufficiali venivano al tempio di Confucio, si inchinavano per salutare e si trattavano l’uno con l’altro con grande rispetto. Mencio li osservava con attenzione e piano piano imparava tutto quello che facevano. La madre allora, molto soddisfatta, fece un cenno di assenso con la testa e disse: «Questo è il posto dove deve crescere il mio ragazzo!»

Erbetta: «La morale di questa storiella è che, se la madre di Mencio lo avesse portato ad abitare vicino a un lupanare, magari non sarebbe venuto su un grande filosofo ma almeno presidente del consiglio lo diventava!»
Traduttore: «E tra l’altro si sarebbe divertito molto di più. In realtà questo chengyu si usa per dimostrare che solo con le buone compagnie, e con la vicinanza a buone cose e affari, si possono coltivare delle buone abitudini. Questo modo di dire si usa anche per indicare quanto l’ambiente possa influire sui costumi di una persona.»


Note del Traduttore

1 Il filosofo Mencio, è stato presentato in una storiella precedente, quella sul ladro che amava procrastinare. Come ho già scritto, Mencio è stato una figura di primo piano nello sviluppo delle teorie del Confucianesimo, al punto che il suo pensiero ne fu considerato dai suoi successori come l’interpretazione ortodossa. Questo filosofo, nato nel 372 a.C. in un piccolo stato nella regione dell’attuale Shangdong, molto vicino al luogo in cui Confucio era nato meno di duecento anni prima, viaggiò a lungo attraverso la Cina, accogliendo fra i suoi allievi molti re e ufficiali dell’epoca. Morì all’età di ottantatre anni, nel 289 a.C..

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月攘一鸡 – Procrastinare, sempre

novembre 1, 2010 at 12:50 PM (Storie buffe) (, )

“yuè rǎng yì jī” – Rubare una gallina al mese

C’era una volta un uomo che ogni giorno rubava una gallina ai suoi vicini. Un amico una volta gli disse: «Questo modo di fare non è da persona onesta». Lui ci pensò su e rispose: «Allora facciamo così, smetto un po’ alla volta. Da domani ruberò una gallina al mese e fra un anno avrò smesso».

Se si capisce che una cosa è sbagliata, bisogna smettere subito, perché aspettare un anno?

Erbetta: «Non mi dirai che questa conta come una storia?»
Traduttore: «No, vero? Ma oggi è festa…»
Erbetta: «…e quindi hai più tempo libero per tradurre! Sbaglio o la morale di questa storia è che, quando si sta sbagliando, non si deve rimandare la correzione?»
Traduttore: «La regina quando vuole capisce al volo!»


Note del Traduttore

Questa storiella fa parte degli insegnamenti del filosofo Mencio (孟子 – Mèng Zǐ), che fu una figura di primo piano nello sviluppo del confucianesimo, secondo solo a Confucio stesso.  La morale di questa storiella è che, grande o piccolo che sia, un comportamento sbagliato va corretto senza attese o indugi. Chi sceglie di procrastinare spesso non ha nessuna intenzione di correggere i propri sbagli.

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