一箭双雕 – Due al prezzo di uno

giugno 27, 2011 at 12:03 PM (Chengyu, Storie di re e ministri) (, )

“yī jiàn shuāng diāo” – Prendere due aquile con una freccia

L’imperatore dei Zhou del Nord1 decise, per pacificare la minoranza dei Tujue2 che erano presenti nei territori settentrionali, di dare in sposa una delle principesse al re dei Turchi Celesti, Shetu3. Per garantirne la sicurezza, l’imperatore inviò una scorta di soldati e ufficiali al comando di Zhangsun Sheng4 affinché accompagnasse la principessa nel regno dei Tujue. Dopo molte difficoltà, alla fine il gruppo arrivò a destinazione e il re Shetu organizzò per l’occasione dei grandi festeggiamenti. Per intrattenere Zhangsun Sheng, secondo la tradizione dei Tujue, venne organizzata una competizione. Il re ordinò che fosse portato un arco robusto e chiese a Zhangsun Sheng di tirare una freccia contro una moneta di rame posta a cento passi di distanza. Non appena avuto il segnale, Zhangsun Sheng tese l’arco flettendolo come una falce di luna e fece scoccare una freccia che andò a colpire il piccolo foro della moneta di rame. Tutta la folla lo acclamò gridando “bravo!”.

Da quel momento il re Shetu ebbe in gran considerazione Zhangsun Sheng e lo ospitò presso la sua corte per un intero anno. Durante questo periodo il re spesso si faceva accompagnare da Zhangsun Sheng nelle sue battute di caccia. Una volta, mentre i due erano fuori per cacciare, il re Shetu alzò lo sguardo e vide che in cielo c’erano due grandi aquile reali che stavano lottando fra loro per un pezzo di carne. In fretta allora porse a Zhangsun Sheng due frecce e gli disse: «Puoi tirarle giù con solo queste due frecce?» «Una sola freccia sarà sufficiente!» rispose Zhangsun Sheng. Mentre diceva ciò, con la mano prese la freccia e subito spronò il suo cavallo. Posizionò la freccia e tese l’arco, puntando il colpo verso le due acquile ignare del pericolo. Allo scoccare della freccia, i due grandi uccelli caddero a terra, trafitti entrambi dallo stesso dardo.

Erbetta: «La morale di questa storia è che, se sai spararle grosse, la fortuna ti assiste.»
Traduttore: «Di solito sì, in effetti, ma in realtà il significato di questo chengyu è simile al nostro “prendere due piccioni con una fava”.»
Erbetta: «Perché a loro le aquile e a noi i piccioni?»
Traduttore: «Non ne ho idea, sarà intervenuta la Lipu.»
Erbetta: «Ah, peccato!»

Note del Traduttore

1 La dinastia dei Zhou del Nord (北周 – Běi Zhōu) fa parte delle Dinastie del Nord e del Sud che si divisero il controllo della Cina fra la caduta della dinastia Jin, avvenuta nel 420 d.C., e l’ascesa della dinastia Sui, che prenderà il potere nel 581 d.C. riunificando il paese sotto un unico impero.

2 I Tujue (突厥 – Tūjué), conosciuti in occidente con il nome di Göktürk o “Turchi Celesti”, erano una popolazione nomade dell’Asia Centrale che, dopo la caduta degli Unni e in seguito al declino dell’impero romano, aveva preso il controllo su una vasta regione che andava dal Mar Caspio fino alla Mongolia. Legati alle tradizioni e all’organizzazione dell’impero Unno, i Göktürk crearono il primo impero turco nell’Asia centrale, entrando in conflitto con le dinastie cinesi dei Sui e dei Tang. Il ruolo di queste ultime fu fondamentale nel portare alla divisione e successivamente al crollo dell’impero Göktürk.

3 Shetu (摄图 – Shètú), conosciuto con il nome di Ishbara Kaghan, fu il quinto imperatore del regno Göktürk, succeduto al trono in seguito a lotte interne che indebolirono la situazione dell’impero. Per affermare la sua autorità, Ishbara sposò la principessa Qianjing dei Zhou del Nord e accettò a corte Zhangsun Sheng (长孙晟 – Zhǎngsūn Shèng), che seppe guadagnarsi l’amicizia del sovrano per fornire poi utili informazioni all’impero cinese. Per porre termine alla guerra civile nata dopo le lotte per la successione, Ishbara accettò di sottomettersi alla dinastia Sui, che aveva preso da poco il potere sulla Cina. Da qui nascerà la prima divisione dell’impero Göktürk fra regno dell’Est e regno dell’Ovest.

4 Il carattere “晟” che indica il nome “Sheng” ha due pronunce possibili, “chéng” e “shèng”. Ovviamente nella prima versione di questa storia ho scelto quella sbagliata, cosa di cui mi sono accorto facendo un po’ di ricerche in rete.

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草船借箭 – Il trucco del puntaspilli

giugno 23, 2011 at 8:53 am (Chengyu, Storie di re e ministri) (, )

“cǎo chuǎn jiè jiàn” – Paglia e barche per prendere in prestito frecce

Al tempo dei Tre Regni, Cao Cao aveva messo assieme un grande esercito per conquistare il regno di Wu. Sun Quan, re di Wu, e Liu Bei, re di Shu, decisero allora di unire le forze per contrastare il regno di Wei. Agli ordini di Sun Quan si trovava un gran generale di nome Zhou Yu, molto coraggioso ma di mentalità chiusa e invidioso delle capacità di Zhuge Liang. Per combattere sul fiume servivano molte frecce e perciò Zhou Yu chiese a Zhuge Liang di procurarne centomila dandogli dieci giorni di tempo. Zhuge Liang, però, disse che tre giorni sarebbero stati sufficienti e che se non fosse stato di parola avrebbe accettato la giusta punizione. Zhou Yu era sicuro che tre giorni non sarebbero mai stati sufficienti per costruire centomila frecce e decise di sfruttare quella occasione per screditare Zhuge Liang. Così, per prima cosa ordinò ai carpentieri dell’esercito di non preparare il materiale per costruire le frecce e dopo ordinò a Lu Yu, alto ufficiale di Wu, di controllare i progressi di Zhuge Liang.

Quando Lu Su incontrò Zhuge Liang questi gli disse: «Ho bisogno che tu mi aiuti a preparare queste cose: dovresti procurarmi 20 imbarcazioni e far salire su ognuna 30 soldati. Sulle barche bisogna disporre dei teli di colore scuro e preparare almeno un migliaio di manichini di paglia, posti sui due lati delle imbarcazioni. Queste cose, però, non devi assolutamente farle sapere al tuo comandante, altrimenti il piano non sarà efficace.» Lu Su diede fiducia alle parole di Zhuge Liang e preparò ogni cosa così come gli era stato detto. Passarono i primi due giorni senza che si udisse alcun segno di attività, al terzo giorno infine, nel cuore della notte, Zhuge Liang chiese in segreto a Lu Su di salire sulle navi dicendogli che sarebbero andati assieme a prendere le frecce. Zhuge Liang ordinò di legare con una corda le imbarcazioni e di salpare in direzione della riva opposta, su cui era appostato l’esercito nemico.

Quel giorno era scesa sul fiume una fitta nebbia e non era possibile vedere niente da una sponda all’altra. Quando le barche si avvicinarono all’accampamento nemico sul fiume, Zhuge Liang ordinò che si disponessero in riga e disse ai soldati di urlare e battere i tamburi. Cao Cao pensò che i nemici stessero attaccando ma per colpa della nebbia ebbe paura di finire in un’imboscata. Per questo, diede ordine che seimila arcieri gettassero dal campo le loro frecce sul fiume. Sulle navi cadde una pioggia di frecce che andarono una dopo l’altra a conficcarsi nei manichini di paglia. Dopo un po’ di tempo, Zhuge Liang ordinò alle imbarcazioni di ritirarsi in fretta. In quel momento il vento e la corrente erano favorevoli e Cao Cao pensò che non sarebbe più riuscito a raggiungere i nemici. Su entrambi i lati delle barche i manichini erano completamente ricoperti da un fitto mucchio di frecce, ogni imbarcazione ne portava cinque o seimila e in totale si superavano le centomila.

Lu Su raccontò a Zhou Yu l’accaduto e il modo in cui erano riusciti a prendere in prestito le frecce ai nemici. Il generale allora disse: «Zhuge Liang ha un’intelligenza fuori dal comune, io non sono alla sua altezza.»

Erbetta: «Ah, ma questo trucco è vecchio! Uno dei tuoi predecessori si era offerto di metterlo in pratica…»
Traduttore: «E come è andata?»
Erbetta: «Il povero Sebastiano, un sant’uomo, raccolse un sacco di frecce…»
Traduttore: «Ha funzionato bene, quindi!»
Erbetta: «Beh, sì. Certo, però, che anche l’idea di usare i manichini non è male…»
Traduttore: «Adesso capisco il “povero”. Questo modo di dire, in realtà, si usa per indicare quando, grazie alla propria astuzia, si sfruttano le risorse e il lavoro degli altri per i propri scopi.»

Note del Traduttore

…ancora un po’ di attesa…

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点石成金 – Il dito filosofale

giugno 18, 2011 at 4:46 PM (Chengyu, Storie buffe, Storie di re e ministri) (, )

“diǎn shí chéng jīn” -Trasformare la pietra in oro

Prima storia

Durante la dinastia Jin, nella contea di Jingyang viveva un magistrato chiamato Xu Xun1 che conosceva a fondo le tecniche magiche del Taoismo. Lui era in grado di usare i talismani e gli incantesimi per curare le malattie e scacciare gli spiriti, per questo la gente lo considerava alla stregua di un esere divino e lo chiamava “il nobile Xu”. Una volta, visto che il raccolto di quell’anno non era stato buono e il popolo non aveva abbastanza per pagare i tribuiti, Xu Xun disse alla gente di raccogliere delle pietre e portarle tutte in uno spiazzo. Dopo che ebbero ultimato questi preparativi, il saggio magistrato usò la sua magia e, puntando il dito sulle pietre, le fece diventare tante pepite d’oro puro. In questo modo, la gente riuscì a pagare i tributi necessari.

Seconda storia

C’era una volta un pover uomo che per tutta la vita aveva onorato piamente la memoria di Lü Dongbin2, padre del Taoismo. Commosso da questa fede sincera, Lü Dongbin decise un giorno di scendere sulla terra e fare visita alla casa del pover uomo. Vide allora che il poveretto viveva in una casa miserabile e il santo immortale non poté fare a meno di esserne impietosito. Così, stese il suo dito e lo puntò verso una grande pietra che si trovava nel cortile dell’abitazione. In un lampo, la pietra si trasformò in oro brillante e Lü Dongbin disse: «Tu vuoi questo oro?» L’uomo si genuflesse due volte in segno di rispetto ma rispose: «No, non voglio l’oro». Lü Dongbin fu molto contento della risposta e disse: «Visto che tu sei disposto a rinunciare a tanto, dimostrando di non avere egoismo, io sono disposto a insegnarti la via del Tao per l’immortalità.» L’uomo però disse: «Ah, non mi sono spiegato. Non voglio l’oro, ma voglio quel tuo dito.» Allora, come era arrivato, Lü Dongbin sparì via in un baleno.

Erbetta: «Voglio anche io il dito magico, assieme all’uccello Jingwei di cui mi hai già raccontato! Allora sì che potrei risolvere i problemi economici del regno di Mei e pagarti.»
Traduttore: «Non sapevo che il regno fosse sull’orlo della rovina!»
Erbetta: «Infatti non lo è.»
Traduttore: «No comment. Questo modo di dire si usa con il senso, abbastanza evidente, di riuscire a trasformare una materia grezza in qualcosa di molto prezioso e, in particolare, per indicare quando uno scritto non particolarmente buono viene trasformato in un ottimo testo grazie a una revisione.»

Note del Traduttore

1 Dicono le storie che Xu Xun (许逊 – Xǔ Xùn) visse per  centotrentasei anni, fra il 239 e il 374 d.C.,  attraversando l’epoca dei Tre Regni e gran parte dell’impero Jin. Xu Xun era considerato un esperto delle pratiche Taoiste e, al tempo dell’era Taikang, divenne magistrato nella contea di Jingyang (旌阳 – Jīngyáng), nell’attuale Sichuan.

2 Lü Dongbin (吕洞宾 – Lǚ Dòngbīn) è considerato come uno dei massimi immortali del Taoismo e nella cultura cinese è venerato come una divinità. Nacque nel 798 d.C., nel periodo della dinastia Tang, e si distinse come accademico e poeta, oltre che come esperto di alchimia. Le storie che lo riguardano sono molte e non mancherà l’occasione di approfondire la conoscenza di questo personaggio.

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一鼓作气 – Concerto per tamburi

giugno 14, 2011 at 6:03 PM (Chengyu, Storie di re e ministri) ()

“yī gǔ zuò qì” – Fare tutto in un colpo

All’epoca delle Primavere e Autunni, nel regno di Lu viveva un uomo chiamato Cao Gui1 che non era né un generale dell’esercito né un ufficiale di corte ma aveva una profonda conoscenza dell’arte militare. Quando venne a sapere che il regno di Qi aveva inviato le sue truppe per attaccare il suo regno e che il duca Zhuang di Lu preparava la resistenza, prese l’iniziativa e chiese di incontrare il duca. I suoi amici e vicini lo sconsigliarono dicendo: «Dei grandi affari di stato se ne occupano solo i ministri e gli ufficiali più importanti, perché tu dovresti prendere parte in queste cose?» Cao Gui rispose: «Quei ministri e alti ufficiali non riescono a vedere più in là del loro naso, non sono in grado di gestire questa situazione.»

Quando Cao Gui incontrò il duca Zhuang disse subito  quello che pensava, e cioè che ottenere la fiducia delle persone era il preparativo politico più importante da fare prima di combattere ed era anche un elemento indispensabile per ottenere la vittoria. Dopo di ciò, chiese che gli fosse permesso di accompagnare il duca durante le operazioni militari e questi gli concesse di salire sulla sua carrozza. Sul campo di battaglia, a Changshao (长勺 – Chángsháo), gli eserciti del regno di Qi e di Lu si fronteggiarono, schierandosi in linee contrapposte. Pronti a combattere, i tamburi di guerra del regno di Qi risuonarono tremendi per preparare l’attacco delle truppe. Il duca Zhuang si preparò a far suonare i suoi tamburi per affrontare l’attacco ma Cao Gui lo fermò dicendo: «Attenda, sua Maestà, non è ancora il momento.» L’esercito di Qi vide che gli avversari non rispondevano e così fecero suonare una seconda volta i tamburi di guerra. Suonarono ancora una terza volta i tamburi ma l’esercito di Lu non si mosse dalla sua posizione. Dopo aver atteso che i tamburi dei nemici smettessero di suonare la terza volta, Cao Gui disse: «Adesso bisogna attaccare!» Al primo colpo di tamburi dell’esercito di Lu, venne dato l’ordine di attaccare e i soldati caricarono i nemici con urla e ferocia. L’esercito di Qi venne sconfitto e, trovandosi con le spalle al muro, i nemici si diedero alla fuga.

Il duca Zhuang stava per dare l’ordine di inseguire le truppe di Qi ma di nuovo Cao Gui lo fermò. Il consigliere scese dal carro del duca e si mise a osservare i segni delle ruote lasciati dai carri nemici sul terreno. Dopo di ciò, salì sull’asse anteriore della carrozza e guardò con attenzione la fuga delle truppe di Qi. Solo a quel punto disse: «Adesso possiamo dargli la caccia!» Il duca Zhuang diede l’ordine di inseguire gli avversari. Le truppe del regno di Lu, esaltate dalla vittoria, si gettarono all’inseguimento e cacciarono tutti i soldati nemici fuori dai confini del regno.

Il duca Zhuang era molto contento per la vittoria ottenuta ma non riusciva a capire perché Cao Gui si fosse comportato in quel modo. Questi allora spiegò: «In guerra la cosa più importante è il morale delle truppe. La prima volta che i tamburi hanno suonano, i soldati di Qi avevano il morale alto ma alla seconda volta si era già indebolito e quando i tamburi hanno suonato la terza volta il loro coraggio oramai era sparito. A quel punto, i nemici erano demoralizzati mentre noi eravamo con il morale alto e un forte spirito combattivo, per questo abbiamo avuto la meglio.» Detto ciò, Cao Gui continuò: «Il regno di Qi è uno stato potente, non sarebbe stato saggio sottovalutare la sua capacità militare. Dopo la sconfitta era difficile determinare quale fosse la situazione, potevano esserci delle truppe nascoste, pronte a cogliere di sorpresa il nostro esercito. Per questo ho osservato la ritirata, la confusione lasciata sul campo di battaglia dai carri nemici e le insegne dell’esercito abbandonate mi hanno dato la certezza che i nemici stessero fuggendo in cerca di rifugio.»

Erbetta: «La morale di questa storia è che il campo di battaglia non è il posto migliore per organizzare un concerto di tamburi, giusto?»
Traduttore: «Non proprio, in realtà questo modo di dire si usa quando si vuole terminare una cosa in un unico sforzo, senza interruzioni.»
Erbetta: «Ah, più o meno all’opposto di quello che tu, mio buon storiellografo, stai facendo con le storielle! Forse dovrei usare anch’io i tamburi…»

Note del Traduttore

1 Cao Gui (曹刿 – Cáo Guì) visse durante il periodo delle Primavere e Autunni alla corte del regno di Lu (di cui si è parlato in molte storielle) e ricoprì l’incarico di ministro sotto il duca Zhuang di Lu (鲁庄公 – Lǔ Zhuāng gōng). Il regno di Qi di cui tratta questa storiella è stato oggetto di altre storie, ad esempio questa.

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端午节 – Cibo per i pesci

giugno 7, 2011 at 10:17 PM (Appunti, Storie popolari) (, )

“duān wǔ jié” – La festa delle Barche Drago

Durante il periodo degli Stati Combattenti viveva nel regno di Chu un uomo chiamato Qu Yuan1 che serviva il re Huai di Chu in qualità di ministro. Qu Yuan credeva nella necessità di formare uomini di valore, rendere il paese prospero, con un esercito forte e, soprattutto, credeva che fosse importante stringere un’alleanza con il regno di Qi per fronteggiare l’ascesa del regno di Qin.

Purtroppo, molti nobili si opposero fortemente a questo progetto, calunniando il saggio ministro e costringendolo a lasciare il suo incarico. Qu Yuan venne bandito dalla capitale del regno e andò in esilio nella regione dei fiumi Yuan e Xiangjiang. Durante questo periodo, sulla spinta delle preoccupazioni per le sorti della sua patria, scrisse molte poesie immortali dallo stile unico e che ebbero una grande influenza sui posteri. Nell’anno 278 a.C. l’esercito di Qin riuscì a farsi strada nella capitale del regno di Chu. Qu Yuan vide con i suoi stessi occhi che la sua patria era invasa dai nemici e ne ebbe il cuore affranto. Non potendo sopportare di abbandonare il suo paese, il quinto giorno del quinto mese, subito dopo aver terminato la scrittura di una poesia, prese con sé una pietra e si gettò nel fiume Miluo per morire.

La leggenda racconta che la gente del regno di Chu fu molto addolorata dal gesto di Qu Yuan e, uno dopo l’altro, accorsero sulle rive del fiume per rendergli omaggio. I pescatori guidarono le loro barche lungo il corso del fiume per recuperare il corpo del poeta. Alcuni di questi pescatori gettarono nel fiume delle palle di riso, uova e altro cibo come offerta per il morto e per fare in modo che i pesci, i draghi e gli altri animali si saziassero e non toccassero il corpo del nobile Qu. Le persone sulle rive del fiume iniziarono una dopo l’altra a imitare il gesto dei pescatori. Un vecchio medico portò del liquore rituale e lo versò nell’acqua, dicendo che in quel modo il drago del fiume sarebbe stato confuso e non avrebbe potuto fare del male al corpo del nobile Qu. Per spaventare il drago, la gente pensò di sistemare il riso e il cibo in fagotti triangolari avvolti nella seta o in foglie di canna e in questo modo nacquero gli zongzi2.

Da allora, ogni anno il quinto giorno del quinto mese le barche drago gareggiano fra di loro, le persone mangiano gli zongzi e bevono il liquore di realgar, tutto questo per commemorare il poeta Qu Yuan e l’amore che dimostrò per la sua patria.

Traduttore: «Quella di oggi non è una storiella legata a un modo di dire e non ha una morale. Ieri era il quinto giorno del quinto mese del calendario tradizionale e per festeggiare, in mancanza di zongzi, mi è sembrato giusto tradurre questa storiella.»
Erbetta: «Mio buon storiellografo, se mai volessi decidere di seguire l’esempio di Qu Yuan, sappi che ho tutto il necessario.»
Traduttore: «Sua Maestà ha preparato le palle di riso e il liquore?»
Erbetta: «Ma no, la pietra! E poi lo sai che il drago del fiume del regno di Mei non digerisce il riso.»  

Note del Traduttore

1 Qu Yuan (屈原 – Qū Yuán) visse nel regno di Chu fra il 340 e il 278 a.C. dove ricoprì la carica di ministro al servizio del re Huai (楚怀王 – Chǔ Huái wáng). Come raccontato nella storia, Qu Yuan fu costretto all’esilio dalle calunnie di altri ministri corrotti e invidiosi e, durante questo periodo, si dedicò intensamente all’attività poetica, diventando uno dei primi e dei più famosi esponenti della poesia cinese antica. I suoi versi sono considerati fra i maggiori esempi del Romanticismo della letteratura cinese e hanno influenzato alcuni dei grandi poeti dell’epoca Tang, come Li Bai (di cui ho parlato in quest’altra occasione). Si racconta che nel 278 a.C., dopo aver saputo che il regno era caduto sotto l’attacco dei nemici, Qu Yuan scrisse un lungo poema in cui esprimeva molta tristezza per il destino della sua patria e rabbia nei confronti di chi aveva mal governato. Dopo di ciò, Qu Yuan si suicidò gettandosi nel fiume Miluo (汨罗江 – Mìluó jiāng). Una tradizione vuole questo gesto di amore per la propria patria sia avvenuto il quinto giorno del quinto mese del calendario tradizionale, e che da ciò sia nata la festa delle Barche Drago, chiamata anche “festa dei poeti” proprio in onore di Qu Yuan.

2 Gli zongzi (粽子 – zòngzi) sono un cibo tradizionale della festa di Duanwu, conosciuta in occidente come festa delle Barche Drago. Si tratta, come descritto nella storiella, di fagottini triangolari (una immagine si può trovare qui) fatti con foglie di canna e contenenti una palla di riso glutinoso con dentro un ripieno di vario tipo (può essere sia dolce che salato). Assieme a questi pasticcini tradizionali è uso bere un liquore chiamato (su wikipedia) vino di realgar (雄黄酒 – xiónghuáng jiǔ) ma sulla cui traduzione ho diversi dubbi.

La festa di Duanwu (端午节 – duānwǔ jié), chiamata anche “festa del doppio cinque”, ha inizio nella Cina antica e viene fatta risalire a origini diverse, la più famosa delle quali è quella riportata nella storia di oggi (l’episodio della morte di Qu Yuan è descritto anche nelle “Memorie di uno Storico” di Sima Qian).  Oltre agli zongzi e al vino di realgar, l’evento principale che distingue le celebrazioni del Duanwu è la gara fra le barche drago e da questo la festa prende l’altro suo nome, “龙船节 – lóngchuán jié”, con cui è conosciuta in Occidente.

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精卫填海 – Un po’ di risentimento

giugno 5, 2011 at 5:11 PM (Chengyu, Storie di animali) (, )

“jīng wèi tián hǎi” – Jingwei riempie il mare

L’Imperatore Rosso, Yandi1, aveva una giovane figlia chiamata Nüwa2 che era molto bella e intelligente. L’Imperatore Giallo quando la vedeva non poteva fare a meno di lodarla e Yandi guardava a sua figlia come a una perla in palmo di mano.

Quando l’Imperatore Rosso non era in casa, Nüwa giocava da sola e spesso sognava che il padre la portasse fino al Mare Orientale per guadare il luogo dove il sole sorgeva. Però, visto che il padre era sempre molto impegnato con gli affari di stato, da quando il sole sorgeva fino al suo tramonto, non trovava mai un giorno per andare fuori con la figlia. Così, un giorno, senza dire nulla al padre, Nüwa prese una piccola barca e da sola si diresse remando fino al luogo dove sorgeva il sole. La cattiva sorte però volle che all’improvviso si alzasse un forte vento e con lui vennero delle onde grandi come una montagna che rovesciarono la piccola imbarcazione di Nüwa. La giovane ragazza cadde in mezzo all’acqua e venne risucchiata sul fondo dal mare impietoso senza riuscire più a tornare a galla. Yandi si disperò per la perdita della giovane figlia e, non potendo più il sole toccarla con la sua luce e riportarla in vita dalla morte, il padre poté solo piangerla in solitudine.

Quando Nüwa morì, il suo spirito divenne un piccolo uccello con la testa colorata, il becco bianco e le zampe rosse. Il canto di  quel piccolo uccello aveva il suono di “jingwei, jingwei” e perciò le persone lo chiamarono in questo modo.

Jingwei provava un profondo odio nei confronti del mare, che impietoso le aveva portato via la sua giovane vita, e voleva vendicarsi. Per questo motivo, il piccolo uccellino ogni giorno, incessantemente, raccoglieva nel suo becco una pietra del monte Fajiu, dove viveva, si alzava in volo e volava fino a raggiungere il Mare Orientale. Allora, si librava sopra le onde in tumulto del mare e, facendo risuonare il suo lamento, lasciava cadere la pietra e i rametti che aveva portato per rimpire il grande mare.

In quei momenti il mare si ingrossava, ruggiva e derideva Jingwei dicendo: «Piccolo uccello, lascia perdere! In questo modo non ti basterà un milione di anni per riempirmi!»

Jingwei rimaneva impassibile e dall’alto rispondeva al Mare: «Anche se dovessi impiegare dieci milioni di anni, o cento, io continuerò fino a che la fine dell’universo non sarà arrivata e fino all’ultimo giorno del mondo!»

A sua volta il mare diceva: «Perché mi odi tanto?»
«Perché tu hai portato via la mia giovane vita e continuerai a rubare le vite di altri giovani innocenti. Perciò io continuerò a portare le pietre e a farle cadere dentro le tue acque. Alla fine riuscirò a riempirti completamente e farti sparire!»

Jingwei volava e faceva risuonare il suo lamento, dopo di ché lasciava il mare e faceva ritorno alla montagna Fajiu per prendere un’altra pietra o dei rametti. Continuò a portare le pietre per molto tempo, andando avanti e indietro senza mai fermarsi. Un giorno, una rondine di mare3 che era volata fino al Mare Orientale vide Jingwei e rimase molto sorpresa dal suo comportamento. Quando venne a sapere il motivo, la rondine di mare fu commossa dallo spirito indomito di Jingwei e da quel momento divennero marito e moglie. Nacquero molti uccellini, i maschi erano tutti uguali alla rondine mentre le femmine somigliavano a Jingwei e, come la madre, iniziarono a portare piccole pietre verso il Mare Orientale per riempirlo.

Erbetta: «La morale di questa storia è che, se vuoi evitare di essere sepolto di pietre, è meglio se ricominci a tradurre storielle!»
Traduttore: «Non mi sembra che questo abbia a che fare con la storiella…»
Erbetta: «Sei sicuro di voler mettere alla prova il mio risentimento?»

Traduttore: «Come non detto, sua Maestà ha colto al volo! In realtà questo modo di dire si usa per indicare chi persevera in impresa impossibile.»

Note del Traduttore

1 Yandi (炎帝 – Yándì), che letteralmente si può tradurre come “Imperatore Fiamma”, è una figura leggendaria della storia cinese, ed è considerato assieme all’Imperatore Giallo come uno dei progenitori della popolazione Huaxia (华夏 – Huáxià) che, sviluppatasi sulle rive del Fiume Giallo, diverrà l’etnia dominante nella Cina (etnia Han). L’interpretazione attuale vuole che il termine Yandi fosse un titolo attribuito a più regnanti, il primo dei quali sia stato il mitico Shennong che visse 5000 anni fa e insegnò ai cinesi l’agricoltura. L’ultimo Imperatore Rosso si scontrò per tre volte con l’Imperatore Giallo e alla fine quest’ultimo prese il potere.

2 La storia di Nüwa (女娃 – Nǚwá), nome che potrebbe essere tradotto come “bambolina”, e del mitologico uccello Jingwei (精卫 – Jīngwèi), oggetto del racconto di oggi, rappresenta sia un esempio positivo di perseveranza che un modello di ossessione per un’impresa futile. Il monte Fajiu (发鸠山 – Fājiū shān) si trova nella regione dello Shanxi.

3 Per quello che riguarda gli animali la traduzione non aiuta a distinguere a che genere appartengano, se maschile o femminile. In questo caso, la rondine rappresenta il maschio della coppia mentre il piccolo uccello Jingwei è la femmina.

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