起死回生 – Un medico infallibile II

gennaio 30, 2011 at 4:18 PM (Chengyu, Storie di re e ministri) ()

“qǐ sǐ huí shēng” – Tornare in vita dalla morte

Nel periodo delle Primavere e Autunni, viveva un famoso medico di nome Bian Que1. Una volta, mentre si trovava a passare per il regno di Guo2, gli giunse notizia che il principe di quel paese si era improvvisamente ammalato ed era morto in meno di un giorno.

Saputo come si era svolta la cosa, Bian Que rimase dubbioso e decise di recarsi di corsa fino al palazzo reale. Dopo aver chiesto a un funzionario del regno di spiegargli le condizioni della malattia del principe, disse: «Io sono un medico e posso riportarlo in vita.» Il funzionario pensava che Bian Que dicesse cose senza senso, allora lui insistè: «Se lei non mi crede, vada a controllare di persona,  dovrebbe essere ancora possibile sentire il battito nelle sue orecchie e osservare che dal naso respira. Inoltre, la metà inferiore del corpo del principe deve essere ancora calda!»

Il funzionario, sentite queste parole, entrò di corsa nel palazzo per riferire la cosa e immediatamente il re del regno di Guo venne di persona ad accogliere Bian Que.

Dopo aver studiato la diagnosi, il medico disse: «Il male che ha colpito il principe è ciò che viene chiamato “malattia della morte apparente”. Gli uomini ricevono dal Cielo e dalla Terra due spiriti, lo yin che risiede sotto all’intero della persona e lo yang che sta sopra sulla superficie della persona. L’armonia fra questi due spiriti fa sì che il corpo sia in buona salute. In questo momento, nel corpo del principe c’è uno sbilanciamento fra yin e yang, non c’è passaggio fra interno e esterno, fra sotto e sopra, e questo ha portato i disordini nella circolazione del sangue, la scomparsa di colore dal volto e la perdita di coscienza, fino al punto di farlo sembrare morto quando in realtà non lo era.»

Mentre parlava, Bian Que fece preparare ai suoi discepoli gli aghi e li posizionò sul corpo del principe in corrispondenza di testa, braccia e piedi. Un attimo dopo, il principe riprese piano piano conoscenza. Nelle settimane successive, il principe continuò a seguire le cure di Bian Que e, dopo poco più di venti giorni, tornò in perfetta salute.

La notizia della guarigione si sparse in fretta e la gente iniziò ad ammirare Bian Que dicendo che era in grado di riportare in vita i morti. Lui però ripeteva: «Io non sono in grado di ridare la vita a chi è morto, il principe non era davvero morto e per questo sono riuscito a curare la sua malattia.»

Traduttore: Questo modo di dire si usa semplicemente per indicare qualcuno che torna in vita uscendo da condizioni disperate, o anche per lodare le capacità di un dottore che, con il suo talento, riesce a curare le malattie e le ferite più difficili.».
Erbetta:  «Che bella quest’altra puntata del dottor House, ma non avevi detto che si chiamava Hua Tuo?»
Traduttore: «Questo è il suo maestro…»


Note del Traduttore

1 Qin Yueren (秦越人 – Qín Yuèrén) fu il primo medico cinese di cui parlano le storie e per le sue incredibili capacità gli fu dato il nome di Bian Que (扁鹊 – Biǎn Què), come il leggendario dottore che viveva alla corte dell’Imperatore Giallo. Secondo quanto riportato da Sima Qian nelle “Memorie di uno storico”, Bian Que aveva ricevuto in dono da una divinità la capacità di guardare attraverso il corpo umano e per questo era diventato formidabile nel fare la diagnosi di un male. Era anche estremamente dotato nell’agopuntura e nel controllare il battito dei pazienti. A lui si devono i quattro passi di una diagnosi: “Osservare (la lingua e l’aspetto generale del paziente), ascoltare (la voce e il respiro), domandare  (dei sintomi) e misurare (il battito)”. La leggenda inoltre racconta che Bian Que sia stato il primo a eseguire un doppio trapianto di cuore fra due pazienti che aveva uno sbilanciamento opposto negli spiriti. Per farlo si servì di un vino che procurava uno stato di quasi morte, in maniera simile a quanto farà in seguito Hua Tuo, il primo a utilizzare una forma di anestesia e di cui abbiamo parlato in quest’altra storiella.

2 Con il nome di regno di Guo (虢国 – Guó Guó) si indicano due stati vassalli della dinastia Zhou che furono fondati dagli zii del re Wen di Zhou attorno al 1046 a.C., quando questi  sconfisse la dinastia Shang e prese il potere.  Come raccontato in quest’altra storiella, il regno di Guo Occidentale venne sconfitto dal duca Xian di Jin nel 655 a.C., mentre il regno di Guo Orientale cadde nel 767 a.C., all’inizio del periodo delle Primavere e Autunni, sotto l’attacco del regno di Zheng.

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脸放哪里 – Chirurgia plastica

gennaio 28, 2011 at 7:44 am (Chengyu, Storie buffe) ()

“liǎn fàng nǎ lǐ” – Dove mettere le parti del viso?

Ogni persona ha sul viso le sopracciglia, gli occhi, la bocca e il naso. Ognuna di queste parti è disposta in ordine e con precisione sulla faccia, ognuna mostra le sue capacità e, se anche ne mancasse una sola, non sarebbe più la stessa cosa.

Un giorno, però, senza che se ne conoscesse il perché, le parti del viso iniziarono a discutere animatamente.

La bocca, che non era contenta di stare sotto al naso, disse: «Tu che abilità hai? Perché mai la tua posizione dovrebbe essere più elevata della mia?»

Il naso rispose con fare orgoglioso: «Io sono in grado di distinguere fra buoni e cattivi odori! Prendi un qualsiasi cibo, non importa di che tipo, solo se il suo profumo piace al sottoscritto il padrone si fida di assaggiarlo. Non c’è alcun dubbio che io debba stare più in alto di te!»

Il naso aveva appena finito di parlare quando d’improvviso si rese conto che qualcosa non tornava e, rivolgendosi agli occhi che stavano proprio lì sopra, disse: «E voi che avete di speciale? Come osate stare sopra di me e, per di più, uno da un lato e uno dall’altro?»

Gli occhi risposero con tono arrogante: «Noi siamo davvero molto importanti per il padrone! Solo noi possiamo distinguere il bello dal brutto! Quando il padrone vuole mangiare, non importa quale sia l’alimento, per prima cosa lascia a noi il compito di osservarlo e, solo dopo, lo fa annusare o assaggiare a voi altri. Il nostro lavoro è così importante per il padrone che senza dubbio dobbiamo stare al di sopra di voi!»

Il naso ascoltò queste parole senza esserne del tutto convinto, così si rivolse alle sopracciglia e chiese: «E allora, voi sopracciglia? Che avete di speciale? Non fate mai nulla tutto il giorno, per quale motivo state lì in alto?»

Le sopracciglia, senza fretta e senza scomporsi, dissero: «Ad essere sinceri, nemmeno noi sappiamo per quale motivo il padrone ci abbia messo così in alto. Però, se ci avesse messo sotto gli occhi e il naso, cosa ci avrebbe fatto con tutta quella grande parte della fronte rimasta vuota?»

Traduttore: «Questa storiella vuole essere una critica nei confronti di quelle persone che, battendosi per il potere e la ricchezza, non si curano della posizione che spetta loro e fanno di tutto per ottenerne una migliore. In effetti, conosco almeno una regina che è finita fuori posto…»
Erbetta: «Mio buon traduttore, voui vedere se ti faccio rimettere in ordine i connotati? Magari non stanno poi così male le sopracciglia sotto il naso…»

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下围棋 – Un nobile passatempo

gennaio 26, 2011 at 10:13 am (Appunti) (, )

“xià wéi qí” – Giocare a Go

È passato un altro mese e, dopo le vacanze, il nuovo corso del blog ha avuto inizio. Non posso dire di essere contento di questo dimezzamento, vorrei poter dedicare più tempo alle cose che mi piacciono e il blog è una di queste. Però, da quando ho iniziato a tradurre le storielle a giorni alterni ho ripreso a disegnare e a scrivere. E ho iniziato a imparare il gioco del Go.

Inizio subito con un chiarimento, il nome del gioco dovrebbe essere quello cinese di Weiqi (围棋wéiqí) ma, per un caso nemmeno troppo strano, in Occidente il gioco è noto soprattutto con il suo nome giapponese, che è per l’appunto Go (o Igo)1.  Questo perchè, anche se in Europa la prima descrizione del gioco risale alla fine del 1600 e ha il nome di “gioco di accerchiamento” (che è l’esatta traduzione del nome orientale), il Go iniziò a diffondersi solo alla fine dell’800 grazie all’opera di divulgazione di un ingegnere tedesco che aveva lavorato a lungo in Giappone.

Il Weiqi – lasciatemi essere un po’ di parte nella scelta del nome – è un gioco da tavolo, simile alla dama o agli scacchi, che ha avuto origine in Cina ed era già diffuso nel periodo delle Primavere e Autunni. La prima testimonianza a riguardo risale infatti al IV secolo a.C., nel Zuo Zhuan di cui si è parlato in questa storiella, anche se la leggenda vuole che a inventare questo gioco sia stato l’Imperatore Yao2, che intendeva usarlo per educare il figlio perdigiorno. Anche Confucio e Mencio ne parlano, ma la cosa più interessante è che questo gioco, “棋 – qí”, divenne una delle quattro arti da coltivare del nobiluomo, “四艺 – sìyì”, assieme alla calligrafia, “书 – shū”, alla pittura, “画 – huà”, e al suonare il guqin (lo strumento che compare in quest’altra storiella), “琴 – qín”. Il Weiqi era allora il gioco dell’aristocrazia, mentre gli scacchi cinesi, lo Xiangqi (象棋 – Xiàngqí), era quello del popolo.

La cosa affascinante del gioco è l’estrema semplicità delle regole, che sono sostanzialmente racchiuse nel nome: gioco di accerchiamento. In pratica, due giocatori piazzano a turno le proprie pedine sulla scacchiera, ovvero sulle intersezioni delle linee di una griglia di 19×19 (ma si può giocare anche su griglie più piccole); quando un gruppo di pedine viene completamente circondato da quelle aversarie, il gruppo viene fatto prigioniero e tolto dal campo di gioco; alla fine, chi circonda il territorio più grande e ha più prigionieri vince.

La semplicità delle regole è però accompagnata da una estrema difficoltà nella strategia, visto che a ogni turno il numero di mosse possibili è molto grande.  Questa difficoltà è evidente anche per i computer, che ancora non sono in grado di giocare al livello dei professionisti, e nemmeno a quello dei più bravi fra gli amatori. Io per ora ho giocato solo contro il computer, non molto in effetti ma abbastanza per capire che lui è un nobiluomo molto più di me.

Note del Traduttore

1 La parola cinese Weiqi è composta dai due caratteri “围 – wéi”, che significa “accerchiare, circondare”, e “棋qí”, che indica una “pedina” e per estensione un “gioco da tavolo”. La corrispondente parola giapponese è “Igo – 囲碁” ed è facile vedere la somiglianza nei caratteri utilizzati (nel secondo carattere si è preferito il radicale “pietra – 石” a quello di “legno – 木” ma per il resto la corrispondenza è evidente).

2 L’Imperatore Yao (尧 – Yáo) è una figura leggendaria della storia cinese e fa parte dei Tre Sovrani e Cinque Imperatori. Secondo la tradizione, l’Imperatore Yao salì al trono all’età di vent’anni, nel 2356 a.C., e governò per quasi cento anni fino al 2255 a.C..

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杀鸡儆猴 – Un addestramento infallibile

gennaio 24, 2011 at 7:15 am (Chengyu, Storie di animali) (, )

“shā jī jǐng hóu” – Uccidere una gallina per dare l’esempio alla scimmia

C’era una volta, tanto tempo fa, un cacciatore che in montagna catturò una scimmia selvaggia. L’uomo sperava che l’animale potesse aiutarlo con alcuni dei suoi compiti e così legò la scimmia con una catena di fronte alla porta di casa affinché facesse la guardia al posto suo.

Un giorno, questo cacciatore andò in montagna per raccogliere della legna da ardere ma al suo ritorno scoprì che una volpe era entrata in casa e aveva fatto razzia dei suoi polli. L’uomo fu sconfortato da questo fatto e andò di corsa dalla scimmia per sgridarla ma la trovò contenta e soddisfatta di quanto accaduto. L’uomo si arrabbiò molto ma non sapeva come fare per insegnare la lezione all’animale.

La volta successiva le cose andarono nello stesso modo e l’uomo allora picchiò la scimmia, ma la cosa non sembrò sortire alcun risultato. Infatti, anche la terza volta l’uomo scoprì che la volpe continuava imperterrita a rubare le sue galline, il cui numero diminuiva a vista d’occhio.

Restavano ormai poche galline e il cacciatore pensò che, piuttosto che lasciarle alla volpe, tanto valeva uccidere le ultime e mangiarsele. Quel giorno, prima di uscire per andare a caccia, l’uomo prese una gallina e la portò sulla porta di casa per tagliarle il collo. Quando la scimmia vide l’uomo che con il coltello sgozzava la gallina, per la paura si portò in fretta le mani a coprire gli occhi. Il cacciatore allora pensò: “Questa scimmia non ha affatto paura delle botte ma almeno l’uccisione della gallina sembra che la spaventi!”

Così, da quel momento, ogni volta che il cacciatore usciva, ripeteva la stessa scena di fronte all’animale, fino a che, piano, piano, la scimmia non osò più ribellarsi e si mise diligentemente a fare la guardia alla casa.

Erbetta: «La morale di questa storia è che, non importa cosa faccia la scimmia, se sei nata gallina lo prendi comunque in quel posto
Traduttore: «In realtà questo modo di dire si usa per indicare quando si punisce qualcuno per educare anche tutti gli altri.»
Erbetta: «Un metodo che ha sempre regalato delle belle soddisfazioni, peccato che quando rimane un solo storiellografo non funzioni più così bene!»
Traduttore: «I piccoli vantaggi del monopolista.»

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螳臂挡车 – Un valoroso guerriero

gennaio 22, 2011 at 4:03 PM (Chengyu, Storie di animali, Storie di re e ministri) ()

“táng bì dǎng chē” – Le braccia della mantide fermano un carro

Nel periodo delle Primavere e Autunni, il duca Zhuang che governava il regno di Qi decise un giorno di uscire in carrozza per andare a caccia. D’improvviso vide che sul lato della strada c’era un piccolo insetto che aveva alzato entrambe le zampe anteriori come se fossero delle braccia e che sembrava volesse impedire alla ruota della corrozza di andare avanti.

Il duca Zhuang chiese allora all’uomo che guidava la carrozza: «Che razza di insetto è mai questo?» Il guidatore rispose: «Quella è una mantide religiosa, quando ha visto la carrozza che giungeva, non ha saputo ritirarsi in fretta e ha pensato addirittura di bloccare il passaggio. Ha davvero mal stimato le sue capacità!»

Il duca Zhuang rispose ridendo: «Che formidabile guerriero, non dobbiamo fargli del male!» Detto ciò, ordinò all’uomo che guidava la carrozza di passare a lato e attraversare fuori dalla strada. La notizia di questo episodio si sparse velocemente e la gente iniziò a raccontare che il duca Zhuang onorava e rispettava i guerrieri valorosi. Così, molti combattenti dal grande corraggio raggiunsero il regno per guadagnare il favore del duca.

Traduttore: «Questo modo di dire, però, invece di indicare un guerriero dal grande coraggio, è utilizzato per apostrofare quelle persone che non sanno valutare le proprie capacità o che provano invano a fingere delle qualità che non hanno.»
Erbetta: «Ah, adesso ho capito!»
Traduttore: «Davvero?»
Erbetta: «Certo! Ho finalmente capito cos’erano quegli affari verdi che continuavano a rimanere fra le ruote della carrozza.»


Note del Traduttore

Il duca Zhuang di Qi (齐庄公 – Qí Zhuāng gōng) visse fra il 794 a.C. e il 731 a.C.. La storia della mantide che ferma il carro viene riportata anche nel Zhuangzi, testo taoista di cui si è parlato in quest’altra storiella.

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引狼入室 – Un lupo di fiducia

gennaio 20, 2011 at 9:00 PM (Chengyu, Storie di animali) ()

“yǐn láng rù shì” – Far entrare il lupo in casa

C’era una volta un pastore che portava le pecore a pascolare in una valle. Un giorno, il pastore vide che molto lontano c’era un lupo che seguiva il gregge e da quel momento iniziò a fare la guardia. Passarono alcuni mesi e il lupo se ne restava lontano, non si avvicinava al gregge e in tutto quel tempo non aveva attaccato nemmeno una pecora.

A poco a poco, il pastore iniziò ad abbassare la guardia nei confronti del lupo e, dopo un altro po’ di tempo, l’uomo iniziò a pensare che la cosa avesse anche i suoi lati positivi: con il lupo nei paraggi non si vedevano più le altre bestie feroci. Passò ancora del tempo e l’uomo prese a considerare il lupo come un cane da pastore, chiamandolo per sorvegliare il gregge. Il pastore si accorse che l’animale aveva una gran cura delle pecore e in cuore suo pensò che la gente raccontasse un sacco di storie quando parlava male dei lupi…

Un giorno, il pastore aveva degli affari da sbrigare in città, così disse al lupo di fare lui la guardia al gregge e il lupo accettò l’incarico. Quando l’animale pensò che fosse trascorso abbastanza tempo e che il pastore fosse oramai entrato in città, allora andò di corsa nel bosco e iniziò a ululare ripetutamente. I suoi ululati fecero accorrere un gran numero di lupi, grandi e piccoli, e tutti insieme i feroci animali si mangiarono il gregge di pecore.

Il pastore non aveva compreso la vera natura del lupo e si era fatto ingannare dall’ipocrisia dell’animale.

Erbetta: «Una volpe quel pastore! »
Traduttore: «Questo modo di dire si usa per indicare chi agisce imprudentemente o si caccia nei guai e lascia spazio ad attacchi.»
Erbetta: «Mi ricorda un certo primo ministro…»
Traduttore: «In quel caso non si tratta di lupo ma di lupanare…»

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痴人说梦 – Un monaco umorista

gennaio 18, 2011 at 7:30 am (Chengyu, Storie buffe) ()

“chī rén shuō mèng” – Raccontare una fantasia a un idiota

All’epoca dell’imperatore Gaozong della dinastia Tang1, viveva un monaco buddista molto devoto, che aveva coltivato a lungo la pratica religiosa, ma i cui discorsi e modi erano decisamente bizzarri.

Una volta, mentre era in pellegrinaggio nella regione dei fiumi Yangzi e Huaihe, un uomo gli chiese: «Quale è il suo nome?» e lui rispose: «Quale è il mio nome.» L’altro uomo allora gli chiese: «Quale è il suo regno?» e il monaco a sua volta rispose: «Quale è il mio regno.»

Quando questo monaco morì, Li Yong2 fu incaricato di scrivere il suo epitaffio ma, non avendo capito il senso delle sue parole, riuscì solo a riportare fedelmente le risposte di quel giorno e scrisse: “Il grande maestro Quale, del regno di Quale.”

I posteri presero tutta la faccenda sul ridere e ritennero che il monaco buddista avesse fatto come chi racconta una fantasia a un idiota che, inaspettatamente, se la beve per vera.

Erbetta: «Mah, io non ho mica capito quale sia la morale…»
Traduttore: «Mi sembra ovvio, la morale è quale!»
Erbetta: «Ah, ecco, mi sa che qualcuno scoprirà presto quale… frusta userò sullo storiellografo!»
Traduttore: «Sua maestà ha frainteso! Il mio era solo un modo per spiegare che, in realtà, questo modo di dire ha cambiato accezione rispetto al suo significato originario e adesso si usa per indicare delle idiozie senza senso.»


Note del Traduttore

1 L’imperatore Gaozong della dinastia Tang (唐高宗 – Táng Gāozōng) regnò sulla Cina dal 649 d.C. al 683 d.C.. Considerato dagli storici successivi come debole e disattento agli affari di stato, l’imperatore Gaozong lasciò che a detenere il potere fosse la sua seconda moglie, l’imperatrice Wu, che in seguito divenne la prima e unica Imperatrice regnante della Cina.

2 Li Yong (李邕 – Lǐ Yōng), conosciuto anche con il nome di Li Beihai, fu un famoso calligrafo e letterato sotto il regno dell’imperatore Gaozong.

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退避三舍 – Come ripagare l’ospitalità

gennaio 16, 2011 at 10:52 PM (Chengyu, Storie di re e ministri) (, )

“tuì bì sān shè” – Ritirarsi di tre postazioni

Nel periodo delle Primavere e Autunni, il duca Xian di Jin prestò ascolto a alcune notizie calunniose e fece uccidere l’erede al trono, Shensheng1. Dopo di che, mandò i suoi uomini ad arrestare il fratellastro maggiore di Shensheng, Chong’er, ma questi, saputa la cosa, fuggì dal regno di Jin e trascorse i successivi diciannove anni in esilio.

Quando Chong’er giunse nel regno di Chu, il re Cheng di Chu si spese per intrattere il suo nobile ospite con feste e divertimenti. In questa occasione, il re chiese: «Se voi, figlio del duca, tornaste nel regno di Jin, cosa mi portereste in ricompensa?» Chong’er rispose: «Servitori, uomini o donne che siano, ne avete già, così come di giada preziosa e di ottima seta sono ricchi i vostri forzieri. Le piume di uccelli, le pellicce d’animale e le zanne d’elefante sono prodotti speciali del vostro splendido regno. Quelli che fra questi sono giunti fino al regno di Jin, sono solo i vostri scarti. Cosa potrei mai portarvi come ricompensa?»

Il re Cheng di Chu disse: «Anche in questo caso, dovreste pur trovare qualcosa da portarmi in ricompensa, no?» Chong’er allora rispose: «Se le cose vanno come voi prevedete e io potessi prima o poi far ritorno nel regno di Jin, nel caso in cui i nostri due regni si trovassero in guerra l’uno contro l’altro e gli eserciti di Chu e di Jin si fronteggiassero sulle pianure centrali, allora io ordinerò alle mie truppe di ritirarsi di tre postazioni. Se voi non doveste dare l’ordine all’esercito di ritirarsi, a quel punto verrei a chiedervi un confronto con il frustino del cavallo e l’arco nella mano sinistra e con la faretra e la custodia dell’arco nella destra.»

Il ministro di stato di Chu, Ziyu, suggerì al re Cheng di uccidere il figlio del duca, Chong’er. Il re però disse: «Il figlio del duca di Jin ha grandi aspirazioni e conduce una vita semplice e frugale, le sue parole sono raffinate e misurate. Le persone che lo accompagnano lo rispettano e trattano le persone con generosità, sono leali e si impegnano al massimo delle loro forze. In questo momento il duca Hui di Jin non ha uomini di fiducia al suo fianco e tutte le persone, dentro e fuori dal suo regno, lo odiano. Ho sentito che la stirpe del clan Ji, cresciuta da Tang Shu2, sia la più lenta a decadere, forse dipende da questo figlio del duca di Jin la sua rinascita? Se il Cielo ha deciso di favorirlo, chi può impedire che ciò accada? Ostacolare la provvidenza può portare solo a terribili disastri.»

Così, il re Cheng di Chu ordinò ai suoi uomini di accompagnare Chong’er nel regno di Qin. In seguito, Chong’er tornò nel suo regno natale e divenne il duca Wen di Jin. Quando l’esercito di Jin si scontrò con quello del regno di Chu, nella battaglia di Chengpu, il duca Wen tenne fede alla promessa e ritirò le sue truppe di tre postazioni.

Erbetta: «Davvero un bel modo di ringraziare chi l’aveva ospitato, io avrei seguito il consiglio del primo ministro…»
Traduttore: «Ma almeno quando il principe di Jin è tornato in patria non è finito a condurre trasmissioni con Pupo o a cantare a San Remo! In realtà, questa espressione si usa con il senso di cedere il campo a un avversario più forte.»

Note del Traduttore

I protagonisti di questa storia sono già comparsi in precedenza, il duca Xian è stato oggetto di questa storiella, il duca Hui di Jin è coinvolto in un incidente di cavalli, mentre il duca Wen ha avuto dei buoni consiglieri che lo aiutarono a vincere la battaglia di Chengpu. Riguardo al re Cheng di Chu (楚成王 – Chǔ Chéng wáng) e al suo primo ministro, Ziyu (子玉 – Zǐyù), non ho trovato invece molte notizie.

1 Il principe Shensheng (申生 – Shēnshēng), fratellastro dei duchi Hui e Wen di Jin e primo erede alla successione del duca Xian, fu ucciso in seguito alla ribellione di Li Ji (骊姬 – Lí Jī), concubina favorita e poi sposa del duca Xian, che complottò per fare salire al trono suo figlio. Il principe, falsamente accusato di volere avvelenare il padre, si rifiutò di rivelare al re la verità sulla sua concubina per non ferirlo e non scappò per non lasciare dubbi sulla sua innocenza. Così, per soddisfare la rabbia del padre, Shensheng si suicidò e divenne per i posteri un emblema dell’amore filiale.

2 Tang Shuyu (唐叔虞 – Táng Shūyú), ovvero lo zio Yu di Tang, conosciuto anche con il nome di Ji Yu, fu il fondatore dello stato di Jin (nel 1042 a.C. circa). Figlio del re Wu di Zhou e fratello minore del re Cheng di Zhou, gli venne affidato il feudo di Tang, che in seguito prese il nome di Jin dal fiume che passava vicino alla capitale.

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鹏程万里 – Un grande pennuto

gennaio 14, 2011 at 7:00 am (Chengyu, Storie di animali) ()

“péng chéng wàn lǐ” – Il Peng vola per diecimila miglia

Le storie raccontano che in una regione del nord, oltre un vasto deserto, si trova un lago sconfinato che porta il nome di Lago del Cielo. In questo lago vive un mostro marino, il cui corpo è largo molte migliaia di li e non c’è uomo che sappia dire quante con esattezza. Questo pesce fantastico viene chiamato Kun e si può trasformare in un uccello, il Peng, la cui schiena è grande quanto il monte Tai e le cui ali, una volta aperte, sono come nuvole capaci di oscurare il cielo. Il grande Peng con un solo colpo delle ali è in grado di creare sul mare un onda lunga più di tremila miglia e a cavallo del vortice d’aria in un attimo può salire  in alto per novantamila miglia. Allora, parte in volo verso il mare del Sud.

Una volta, un piccolo uccellino vide il grande Peng che volava così in alto e, con aria di disapprovazione, disse ridendo: «Dove pensa di andare quello lì? Io saltello su e giù, mi basta salire di qualche iarda per volare fra le fronde degli alberi e ritornare a terra. Questo è un gran bel volare, cosa si può volere di più?»

Traduttore: «Le interpretazioni di questa storia date dai filosofi sono contrastanti…»
Erbetta: «A me non sembra così difficile.»
Traduttore: «Ah, finalmente la regina ha iniziato a coltivare la via della saggezza! Qual è quindi la morale?»
Erbetta: «Ovvio, quando vedi un Peng, invece di filosofeggiare, prega che non faccia un bisognino!»
Traduttore: «Come non detto. In realtà in Cina questo modo di dire si usa per indicare chi ha grandi ambizioni e non si accontenta di “volare basso”.»


Note del Traduttore

La leggenda del Peng, favoloso uccello che ricorda per molti versi il Roc, è riportata nel Zhuangzi (庄子 – Zhuāngzǐ), classico testo della filosofia Taoista che porta il nome del suo autore. Il filosofo Zhuanzi visse all’epoca degli Stati Combattenti, fra 369 a.C. e il 286 a.C., e a lui è attribuita almeno un parte della collezone di scritti e storie che compongono il libro omonimo.

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重新开始 – Le vacanze sono finite

gennaio 12, 2011 at 11:05 am (Appunti) ()

“chóng xīn kāi shǐ” -Si riparte!

Lunedì è ripartito mio fratello, così come nei giorni precedenti era toccato agli altri amici, i molti che non stanno più in questa città. Anche se io ho ripreso a lavorare già dopo Capodanno, adesso posso davvero dire che le feste sono finite.

Da un lato le partenze, in questi giorni d’inverno, lasciano un po’ di malinconia, ma d’altra parte sono contento di riprendere tutte quelle cose lasciate in sospeso, assieme a dei ritmi più rassicuranti. Così, anche il blog ha avuto il suo lento risveglio dopo le abbuffate di svaghi e amici (oltre a quelle di cibo).

In tutto ciò, la regina Erbetta ha dimostrato una pazienza inaspettata, come dimostra il fatto che io sia ancora vivo! Di solito, l’inizio di un nuovo anno è ricco di buoni propositi e impegni che puntalmente verranno disattesi. Per andare un po’ contro corrente, io dico subito che non riuscirò a mantenere per il blog quanto fatto nei primi tre mesi della sua vita.

Non ho nessuna intenzione di smettere le mie traduzioni e la scrittura degli appunti, così come non intendo abbandonare lo studio del cinese. Anzi, le cose che mi piacerebbe aggiungere a questo piccolo mondo sono sempre di più. Il punto è che, a meno che la regina non decida di istituire le giornate di quarantotto ore, non posso riuscire a fare tutto con i ritmi di una storia al giorno!

Così mi accontento di un proposito più semplice, arrivare alle cento storielle. Io mi rimetto all’opera, e poi si vedrà!

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