鱼目混珠 – Mangiarsi una fortuna

novembre 30, 2010 at 2:37 PM (Chengyu, Storie buffe) (, )

“yú mù hùn zhū” – Far passare un occhio di pesce per una perla

C’era una volta un uomo chiamato Man Yi che si trovò a viaggiare per alcuni affari in una regione lontana e selvaggia del Sud del paese. Qui, in un piccolo negozio fuori mano, l’uomo trovò una splendida perla, grande come non se ne erano mai viste, e decise di usare tutti i soldi che aveva e dare via tutti i suoi oggetti di valore per poterla comprare. Quando Man  Yi tornò a casa, si procurò una splendida scatola e la decorò con oro, argento e altri materiali preziosi. Dopo di che, mise all’interno di questo piccolo scrigno la sua perla e la conservò gelosamente senza farla vedere in giro. Solo in occasione delle grandi feste, l’uomo invitava due o tre amici a cui mostrava il suo tesoro.

Man Yi aveva un vicino di casa chiamato Shou Liang che venne a sapere della grande perla. Quest’uomo, vedendo l’espressione ammirata delle persone che ne parlavano, pensò più volte di rivelare che anche i suoi antenati gli avevano lasciato una grande perla e di confrontarla con quella di Man Yi. Però, ogni volta si ricordava di aver promesso ai suoi antenati di trattare la cosa con riservatezza e così rinunciava al suo proposito.

Il caso, però, volle che i due uomini si ammalassero entrambi di una grave e strana malattia. Cercarono ovunque un medico in grado di curarli e assunsero ogni genere di strane medicine, ma le loro condizioni di salute non migliorarono affatto. I familiari erano in ansia come formiche in un tegame ardente ma non riuscivano a trovare una soluzione. Un giorno, sulla strada arrivò un dottore che era in viaggio da un villaggio lontano e disse che era in grado di curara qualsiasi male, anche i più difficili e sconosciuti. Quando le due famiglie disperate gli fecero visitare i malatti, il dottore disse loro che quello strano male poteva essere curato con una medicina fatta dalla polvere di una perla. Così, il dottore prescrisse gli altri ingredienti di cui dovevano far uso e poi se ne andò.

Man  Yi però avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non distruggere la sua grande perla e così si limitò a prendere solo gli altri ingredienti prescritti dal medico; Shou Liang invece, anche se molto riluttante, decise di usare un pezzo della perla lasciatagli dagli antenati per farne la medicina consigliata. Alcuni giorni dopo, il dottore tornò a visitare i due pazienti e li trovò nelle stesse condizioni in cui li aveva lasciati. Allora chiese spiegazioni e Man Yi gli disse che non aveva avuto il coraggio di rompere la sua preziosa perla. Il dottore chiese: «Posso vedere questo tesoro?» e, dopo che l’uomo gli ebbe aperto lo scrigno, disse: «È davvero una cosa unica al mondo! Meriterebbe di essere esibita fuori di qui affinché tutti la possano ammirare!»

Shou Liang invece disse al dottore che aveva seguito il suo consiglio e aveva mangiato la polvere di una perla, senza però alcun risultato. «Fammi vedere la perla che hai usato,» disse il dottore. Malvolentieri, l’uomo andò a prenderla e la mostrò al medico. Appena questi la vide, scoppiò a ridere e disse: «E questa sarebbe una perla? Questo non è altro che l’occhio di un grande pesce dell’oceano. Non si può far passare un occhio di pesce per una perla, ed è chiaro che così la medicina non può funzionare!»

Erbetta: «La morale di questa storia è che non ci si può davvero fidare dei parenti!»
Traduttore: «Già, cornuto e mazziato! In realtà questo modo di dire si usa per indicare chi vuol far passare per buoni dei prodotti che sono falsi o scadenti.»


Note del Traduttore

Ho trovato diverse versioni della storia, grosso modo simili ma cambia il modo in cui i due uomini si procurano le perle e sono diversi anche i nomi dei due protagonisti. Alla fine ho scelto Man  Yi (满意 – Mǎn Yì), che significa “soddisfatto”, e Shou Liang (寿量 – Shòu Liàng), anche se ero tentato di chiamarli Gastone e Paperino.

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盲人摸象 – Difetti dell’induzione

novembre 29, 2010 at 10:59 am (Chengyu, Storie di re e ministri) (, )

“máng rén mō xiàng” – Ciechi che toccano un elefante

Molto tempo fa, viveva un re dalla grande saggezza che era chiamato Jingmian1. Nel regno, lui era l’unico a credere nella verità degli insegnamenti del Buddismo mentre tutti i sudditi e i vassalli erano convinti adoratori di religioni dissidenti. Per il re era come se una persona potesse dubitare della luce del sole e della luna e credere invece in quella delle lucciole. Per questo, era spesso afflitto e pensava: «Devo trovare un modo per educare il mio popolo, per fargli abbandonare le cattive credenze e farlo ritornare sulla giusta via!»

Un giorno, il re decise inaspettatamente di convocare i suoi ufficiali di corte e disse loro: «Voglio che andiate fino ai confini del regno a cercare tutte le persone che sono nate senza il dono della vista e, una volta che le avrete trovate, vi ordino di portarle qui a palazzo!» Così, gli ufficiali obbedirono, si separarono e si diressero a capi del paese per portare a compimento l’ordine ricevuto. Dopo poche settimane, tornarono tutti al palazzo del re portando con loro i non vedenti. Il re Jingmian fu molto contento e disse: «Molto bene, adesso andate a prendere un elefante e portatelo dove si trovano i ciechi!» La notizia dell’ordine del re si diffuse fra i sudditi e i vassalli, che rimasero molto sorpresi dalla cosa. Non riuscendo a capire cosa volesse fare quel giorno il sovrano, tutti i cittadini si affollarono per curiosare e prendere parte all’avvenimento.

Il re Jingmian si compiacque della cosa e fra sé pensò: “Perfetto, oggi ho finalmente l’occasione per educare il mio popolo”. Allora, si rivolse ai ciechi che aveva fatto convocare e disse loro di toccare il corpo dell’elefante, ognuno nel punto che gli era più comodo. Dopo di ché il sovrano chiese: «Adesso avete visto l’elefante?» e i ciechi risposero tutti: «Sì, maestà, lo abbiamo visto.» Il re allora domandò: «Sapete dirmi a cosa somiglia l’elefante?»

Il primo cieco, che aveva toccato il piede dell’animale, rispose: «Maestà, è facile! L’elefante è simile a un barile verniciato.»
Un secondo cieco, che invece aveva toccato la coda dell’elefante, disse: «Non è così, è simile a una scopa!»
Un altro cieco, che aveva toccato la pancia del pachiderma, si intromise dicendo: «Ma no, è un tamburo!»
Una quarta persona, che ne aveva toccato la sciena, replicò: «State tutti sbagliando! L’unica somiglianza vera è con un grande tavolo da tè.»
Il cieco che aveva toccato l’orecchia dell’elefante però disse: «Non ci siamo, l’elefante è simile a un ventaglio.»
Un sesto uomo, che aveva toccato il capo dell’animale, si mise a discutere dicendo: «Chi ha detto che somiglia a un ventaglio? È chiaro che l’elefante è un cesto rotondo!»
Un ultimo cieco rispose dopo aver toccato una delle zanne: «Maestà, in realtà l’elefante è appuntito come un corno…»

Dato che queste persone erano tutte cieche dalla nascita, nessuno aveva davvero idea di come fosse fatto quel grande animale ed era difficile capirlo solo toccandolo. Ognuno però si era fatto la sua idea, sbagliata, e non era disposto a rinunciarci. Così andarono a lungo avanti a litigare fra di loro.
Alla fine, il re Jingmian scoppiò in una grande risata e disse: «Suvvia, ciechi! Non c’è bisogno che litighiate in questo modo! Ognuno di voi ha potuto osservare solo un piccolo pezzo, ma siete tutti convinti di avere ragione? Non avete potuto osservare l’animale per intero ma pensate di sapere come sia fatto, in questo siete simili a quelle persone che non hanno ascoltato gli insegnamenti del Budda ma che credono lo stesso di conoscere la verità». Allora il re continuò a parlare rivolto alle persone che si erano affollate attorno: «Miei sudditi! Ci sono molte persone che credono nei principi superficiali e rozzi delle cattive religioni, ma che non si curano di studiare in modo approfondito e completo la verità del Buddismo, che differenza c’è fra quelle persone e questi ciechi che toccano un elefante?»
Da quel momento, il popolo abbandonò i falsi principi e iniziò a seguire la giusta strada, diventando fedele agli insegnamenti del Buddismo.

Traduttore: «Nella lista dei vari ciechi, ho saltato quello che ci era andato più vicino a indovinare. Infatti uno di loro, dopo aver toccato la proboscide, esclamò: “Ma questo è Rocco!”»
Erbetta: «Questa evito di commetarla…»
Traduttore: «Beh, di sicuro il re non ha insegnato al suo popolo il politicamente corretto. In realtà, questo chengyu si usa per indicare una persona che non è in grado di vedere le cose nella loro interezza e che confonde una parte con il tutto.»


Note del Traduttore

1 A parte il significato del suo nome, “镜面 – Jìngmiàn”, che si può tradurre come “faccia dello specchio”, non ho trovato informazioni sul re di questa storia e immagino che sia un personaggio di fantasia. Questa storia viene riportata nel Nirvana sutra (大般涅槃经 – dà bān Nièpán jīng), uno dei più importanti testi del buddismo Mahayana.

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为虎作伥 – Il fantasma sconsiderato

novembre 28, 2010 at 1:54 PM (Chengyu, Storie di animali) (, )

“wèi hǔ zuò chāng” – Fare il complice della tigre

Tanto tempo fa, in una caverna di una certa montagna, viveva una tigre che non aveva eguali per ferocia. Un giorno, non avendo più cibo per placare la sua fame, la tigre arrabbiata lasciò la sua caverna per andare a caccia nei campi e boschi vicini. Mentre era fuori sulla strada che saliva al monte, vide un uomo che camminava incerto poco lontano e con pochi balzi gli saltò addosso. Dopo averlo ferito a morte, la tigre sbranò il poveretto ma, non essendo ancora sazia, catturò il fantasma dell’uomo prima che potesse allontanarsi. Tenendolo ben stretto, il feroce animale disse allo spirito che, se voleva essere lasciato libero, doveva trovargli un altro uomo da poter sbranare. Quel fantasma impaurito accettò la condizione imposta dalla tigre e così la condusse attraverso la foresta, cercando in qua e là, fino a quando non si imbatterono in un secondo uomo.

Il fantasma, che desiderava soltanto di essere lasciato libero al più presto, non si fece scrupoli ad aiutare la tigre nel suo crimine. Per prima cosa, allora, cercò di confondere l’uomo e farlo catturare. Dopo averlo spaventato, gli slacciò la cintura e fece cadere il vestito, sperando in questo modo di rendere più facile e veloce il pasto della tigre. Da allora, questo spirito che aveva aiutato la tigre venne chiamato il fantasma sconsiderato1.

Traduttore: «Questa espressione, fare il complice per la tigre, si usa per indicare chi aiuta una persona cattiva a commettere un crimine contro la ragione e il Cielo
Erbetta: «Una storia davvero affascinante, e anche educativa.»
Traduttore: «Educativa?»
Erbetta: «Certo, ho appena imparato che, se dovessi esagerare con le torture, posso sempre costringere il tuo fantasma a raccontare storielle!»


Note del Traduttore

1 Il termine “伥 – chāng”, che può essere tradotto letteralmente come “avventato, colpevole, sconsiderato”, compare sia nell’espressione del chengyu che nella parola “fantasma sconsiderato” (伥鬼 – chāngguǐ). Per rendere più comprensibile l’espressione del chengyu, ho preferito usare in questo caso il termine “complice”.

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对牛弹琴 – Concerto per bovino

novembre 27, 2010 at 2:56 PM (Chengyu, Storie di animali) (, )

“duì niú tán qín” – Suonare la cetra per una mucca

Durante l’epoca degli Stati Combattenti, viveva un famoso musicista chiamato Gong Mingyi1, che era conosciuto per la sua abilità di compositore e per il grande talento come suonatore della cetra a sette corde2. La sua musica era così bella che le persone venivano da ogni parte della Cina per sentirlo suonare e tutti lo stimavano molto.

Gong Mingyi non amava solo suonare al chiuso ma, quando il tempo lo permetteva, gli piaceva portare fuori il suo strumento e suonare in mezzo alla campagna. Un giorno, in una fresca giornata primaverile, uscì di casa e si sedette sotto un salice, le cui fronde erano mosse da un leggero venticello, mentre poco lontano una mucca pascolava con il capo chino sull’erba. Gong Mingyi guardò la scena con interesse e, dopo aver sistemato lo strumento, iniziò a pizzicarne le corde, dedicando a quella mucca una delle sue più belle composizioni. La vecchia mucca, però, rimase lì indifferente, continuando a brucare l’erba senza curarsi della musica.

Gong Mingyi fu molto deluso dalla reazione dell’animale ma, riflettendo sulla cosa, pensò che forse la mucca non aveva apprezzato la sua musica perchè non aveva scelto un brano adatto. Così, riprese in mano  la cetra ma, questa volta, si mise a suonare un motivo che a volte ricordava il volo di un moscone o di una vespa e a volta imitava il muggito di un bue. Subito la mucca smise di brucare e alzò la testa per osservare il musicista, agitando la coda come per scacciare gli insetti.

Traduttore: «… e alla fine Gong Mingyi riuscì a salvare l’erbetta dalle fauci della terribile mucca. Purtroppo.»
Erbetta: «Mio eroe! »
Traduttore: «Questo modo di dire si usa per indicare chi vuol argomentare con persone che non capiscono nulla o, anche, per dimostrare che ciò che si dice deve essere adatto alla platea a cui si parla.»


Note del Traduttore

1 Informazioni sul periodo degli Stati Combattenti si trovano già in altre storielle, ad esempio in quella del finto musicista. Invece, non ho trovato notizie sul protagonista della storia di oggi, Gong Mingyi (公明仪 – Gōng Míngyí).

2 Il termine qin (琴 – qín) che compare in questo chengyu si riferisce a uno strumento a corda simile alla cetra di cui esistono molte varianti. Nel testo del racconto si parla di “七弦琴 – qī xián qín “, ovvero di una cetra a sette corde conosciuta anche con il nome di guqin, cetra antica. Questo strumento è uno dei più famosi della tradizione musicale cinese e, per avere un’idea di come sia fatto e trovare altre informazioni, rimando a questo sito internet.

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对症下药 – Un medico infallibile

novembre 26, 2010 at 10:15 am (Chengyu) (, )

“duì zhèng xià yào” – prescrivere la medicina giusta per una malattia

Hua Tuo1 fu un famoso medico e scienzato che visse sul finire della dinastia Han2. Era rinomato per la sua esperienza nel curare donne e uomini, per la sua abilità con l’agopuntura e la moxibustione e per essere un brillante chirurgo e un accurato diagnosta. Hua Tuo era in grado, quando visitava un malato e ne decideva il trattamento, di valutare ogni caso con accuratezza e a condizioni diverse prescriveva rimedi diversi.

Un volta, arrivarono nello stesso momento da Hua Tuo due ufficiali della prefettura, Ni Xun (倪寻 – Ní Xún) e Li Yan (李延 – Lǐ Yán), per farsi visitare. Entrambi infatti presentavano i sintomi di una stessa malattia, con mal di testa e febbre. Dopo che ebbe visitato separatamente i due uomini, osservandone le vene, Hua Tuo diede a Ni Xun una medicina per l’intestino mentre a Li Yan prescrisse una medicina che lo facesse sudare.

I due uomini guardarono le prescrizioni e, stupiti, chiesero: «Noi due abbiamo gli stessi sintomi, le nostre condizioni di salute sono simili, allora perchè ci ha dato da prendere medicine differenti?»

Il medico per spiegare rispose: «La somiglianza fra le vostre condizioni è solo l’apparenza della malattia, la causa del malanno di Ni Xun è legata a un problema interno, qualcosa che ha mangiato e gli ha fatto male; i disturbi accusati da Li Yan hanno invece una ragione esterna, il freddo e il vento lo hanno fatto ammalare. La causa delle vostre malattie è differente, il mio compito è quello di prescrivere la medicina giusta per ogni malattia e di conseguenza in questo caso anche la cura sarà differente.» Ni Xun e Li Yan seguirono i consigli e in breve tempo tornarono in piena salute.

Erbetta: «Vorresti dirmi che in realtà il dottor House…»
Traduttore: «…ebbene sì, è Hua Tuo in incognito. Come insegna questo chengyu, bisogna fare attenzione a valutare le differenze di caso in caso, perché solo così si potrà affrontare correttamente qualsiasi problema.»


Note del Traduttore

1 Nella storia della medicina cinese, Hua Tuo (华陀 – Huà Tuó) ricopre una delle posizioni più illustri e l’espressione “华陀再世 – Huà Tuó zài shì” (che significa “Hua Tuo è di nuovo al mondo”) viene tutt’oggi utilizzata per indicare con rispetto un medico dalle grandi capacità. Si racconta infatti che questo medico sia stato il primo a operare usando una forma di anestesia, ottenuta facendo bere al paziente un infuso di vino e erbe (dal termine cinese sembra si trattasse di una forma di oppiacei). Era però conosciuto suprattutto per la sua abilità nell’agopuntura, nella pratica della moxibustione e nell’erboristeria. Fra i suoi pazienti, il più famoso fu il tirannico fondatore del regno di Wei, Cao Cao, che soffriva di violenti mal di testa. Hua Tuo si dimostrò tuttavia insofferente nei confronti del lavoro come medico del re e, con una scusa, si allontanò da corte per tornare ai suoi studi. Quando Cao Cao scoprì la cosa,  fece giustiziare Hua Tuo, nonostante fosse l’unico medico in grado di alleviare con l’agopuntura il suo dolore. Oltre a comparire in un famoso episodio del Romanzo dei Tre Regni, Hua Tu0 era venerato nei templi Taoisti come una divinità della medicina e uno dei loro immortali.

2 Della dinastia Han Orientale si è già parlato in molte storie, per esempio in questa.

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蜘蛛与蚕 – Due abili tessitori

novembre 25, 2010 at 10:00 am (Storie di animali) (, )

“zhī zhū yú cán” – Il ragno e il baco da seta

Il ragno e il baco da seta, che sono entrambi capaci di tessere un filo di seta, una volta si incontrarono e iniziarono a parlare.

Il ragno disse: «Tu passi tutta la vita a mangiare, fino a quando non diventi vecchio. Allora, dalla bocca fai uscire un filo di seta che avvolgi stretto e sicuro attorno al tuo corpo. A quel punto però, le donne che ti accudiscono, ti buttano in una pentola di acqua bollente e tessono via tutta la tua seta. Come risultato, il tuo corpo viene gettato via senza cura. La tua abilità nel creare una seta così bella è davvero grande, però non ti porta ad altro che alla morte. Non mi dirai che tutto ciò non sia ridicolo?»

Il baco rispose al ragno: «Fin dall’inizio so che vado incontro alla morte, ciò nonostante continuo a filare la mia seta affinché diventi tessuti decorati, vestiti per re e imperatori, abiti per ufficiali che rendono sacrificio alle divinità e agli antenati. Tutte queste cose sono il frutto della seta che io ho tessuto, o sbaglio? Tu invece, quando hai lo stomaco vuoto ti metti a intrecciare la tua tela e, con la seta che fili dalla bocca, costruisci una rete in cui ti fermi ad aspettare. Quando vedi passare una mosca, un’ape, una farfalla o un insetto qualsiasi, non fai in tempo a catturarli che corri subito a ucciderli per soddisfare la tua fame. L’abilità non ti manca di certo, ma quanto sei crudele!»

Il ragno allora disse: «Tu pensa pure ai bisogni delle altre persone, che io preferisco preoccuparmi di me stesso.» Purtroppo al mondo le persone che si comportano come il baco e non come il ragno sono davvero poche!

Erbetta: «Il mio traduttore è una di queste!»
Traduttore: «Grazie, mia regina…»
Erbetta: «Di niente, stavo giusto pensando di metterti in una pentola di acqua bollente!»
Traduttore: «Come non detto. La morale di questa storia, in realtà, è che l’altruismo è cosa rara e preziosa.»

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工作进度 – Il secondo mese

novembre 24, 2010 at 10:08 am (Appunti) ()

“gōng zuò jìn dù” – Il lavoro procede

Oggi avevo pensato di mettere qualcosa di diverso, ho lavorato a lungo ieri sera per scoprire però che quello che stavo traducendo era di nuovo legato a un chengyu. Così ho deciso di rimandare questo progetto a uno dei prossimi giorni e, visto che è passato un altro mese senza che perdessi nemmeno una storiella, oggi mi concedo un po’ di meritato riposo.

Aggiungendo la storia di ieri all’indice mi sono accorto che siamo arrivati a cinquanta. È un bel traguardo ma, fidandomi della promessa di una regina, ne mancano altrettante prima che si possa di nuovo festeggiare. Nel frattempo il blog ha superato i mille contatti (in totale, della serie facebook ci fa ‘na pipp@) ma il merito è tutto di Erbetta… che rilegge spesso le vecchie storielle!

In questo secondo mese ho tradotto la prima ricetta, ho sistemato un indice e, soprattutto, ho studiato molte cose sulla storia della Cina. A questo riguardo, spero di riuscire a realizzare a breve una nuova pagina del blog che faccia un po’ di ordine fra le note.

Di cose da fare ce ne sono tante, per questo è meglio che ora mi riposi davvero prima di un nuovo e impegnativo mese!

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叶公好龙 – Un ospite inatteso

novembre 23, 2010 at 11:36 am (Chengyu, Storie buffe, Storie di re e ministri) ()

“yè gōng hào lóng” – Il duca di Ye ama i draghi

Tanto tempo fa, Zi-zhang1 andò a chiedere un incontro ufficiale al duca Ai di Lu2 ma, dopo sette giorni passati in attesa, il duca non si era ancora deciso a riceverlo. Allora andò a chiamare un servo e gli ordinò di riferire al suo signore queste parole: «Si racconta che voi amiate le persone di talento e, per questo motivo, non ho avuto timore nel fare un viaggio di mille miglia per venire fino a qui, sfidando la neve e il vento, la polvere e le terre aride, senza concedermi riposo fintanto che non fossi giunto al vostro cospetto. Il frutto di tante fatiche è stato che per sette giorni non vi siete nemmeno presi il disturbo di darmi udienza, mi sembra perciò evidente che il vostro amore per le persone di talento non sia affatto diverso da quello del duca di Ye3 nei confronti dei draghi. Si racconta infatti che il signore di Ye amasse molto queste creature, al punto che erano ricamate ovunque nelle sue vesti, si trovavano incise sulle sue caraffe di vino e nelle coppe, e pure sulle travi e i cornicioni del suo palazzo vi erano decorazioni di draghi. La fama di questa grande passione era tale che un giorno arrivò perfino al cielo e un vero drago, che seppe della cosa, decise di scendere dalle nuvole per recarsi alla casa del duca di Ye. La testa del drago entrò da una delle finestre del palazzo per fare visita al padrone di casa, mentre la coda si faceva largo a poco a poco nella sala d’ingresso. Quando il signore di Ye vide che aveva in casa un vero drago, saltò in piedi dalla paura e se la diede a gambe, come se avesse lasciato l’anima dietro di sé e con la faccia bianca di terrore. La realtà era che il duca di Ye non amava i draghi ma, piuttosto, amava circondarsi di cose che avessero la loro immagine! Adesso, io ho sentito raccontare del vostro amore per le persone di coraggio, e non ho esitato a fare un viaggio di mille miglia per venire al vostro cospetto, ma come risultato ho aspettato sette giorni in vano. In realtà voi non amate le persone di talento ma piuttosto vi piace circondarvi di persone che hanno solo l’apparenza del talento e nulla di più. Era già scritto nel Libro delle Poesie, “se porti qualcosa nel cuore, mai potrai trascurarlo”. Così, mi dispiace, ma non posso restare oltre!»

Erbetta: «Ma, stiamo scherzando? Tante storie per sette giorni di attesa?».
Traduttore: «Già, si vede che Zi-zhang non ha mai provato a immigrare in Italia. Comunque, questo chengyu si usa per indicare quelle passioni che sono in realtà solo superficiali o che nascondono ciò di cui si ha paura.»


Note del Traduttore

1 Zi-zhang (子张 – Zǐ-zhāng), conosciuto anche con il nome di Zhansun Shi (颛孙师 – Zhuānsūn Shī), fu uno dei discepoli di Confucio, di cui era più giovane di quarantotto anni. Di lui non ho trovato altre notizie significative.

2 Il regno di Lu è stato oggetto di una nota in quest’altra storiella. Il duca Ai di Lu (鲁哀公 – Lǔ Āi gōng) regnò in un periodo che va dal 494 a.C. a dopo il 468 a.C.. Fino a quest’anno risale il resoconto storico del Zuo Zhuan (左传 – zuǒ zhuàn), che racconta gli eventi dei regni vassalli della dinastia Zhou attraverso il succedersi dei duchi di Lu.

1 Il duca di Ye (叶公 – Yè gōng), conosciuto con il nome di Shen Zhuliang (沈诸梁 – Shěn Zhūliáng), fu un politico e generale del regno di Chu. In riconoscimento per le vittorie ottenute sul campo di battaglia, nel 525 a.C. gli venne assegnato il feudo di Ye, regione dell’attuale Henan, e gli fu riconosciuto il titolo ducale.

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三个好极了 – I meloni d’inverno

novembre 22, 2010 at 10:36 am (Storie popolari) (, )

“sān gè hǎo jí le” – Tre volte magnifico

Tanto tempo fa, viveva un povero contadino che aveva scoperto un modo per coltivare i meloni d’inverno usando una rudimentale serra. Quando lui raccolse il primo frutto si sentì molto orgoglioso e di fretta prese il melone e andò in città per scambiarlo con dei cereali. Quando i cittadini videro che in inverno c’erano meloni così freschi rimasero tutti stupiti. Per caso, passava di là un ufficiale di corte che, visto il melone, andò subito a informarne il re. Il re avido ordinò che il contadino fosse portato a palazzo.

Il contadino pensò: “Il re ha tanti soldi da non sapere neppure quanti, di sicuro pagherà bene i miei meloni”. Così l’uomo si recò contento dal re portando il suo primo melone.

Il re vide il frutto e rimase stupito, così chiese al contadino: «Sei stato tu a far crescere questo melone d’inverno?» e questi rispose «si, vostra maestà.»

«Magnifico!» Si complimentò il re, che di nuovo chiese: «Sei stato tu a inventare questo sistema per coltivare i meloni d’inverno?» E il contadino rispose «sì, vostra maestà.»

Il re si complimentò ancora: «Magnifico!». Subito, però, chiese: «Questo primo melone, lo hai portato qua per farne dono a me?»

«Sì, vostra maestà.» Ma il tono del contadino si fece un po’ più debole. Il re di nuovo si congratulò: «Magnifico!» Dopo di chè, prese il melone e se lo mangiò senza dare un soldo al contadino.

L’uomo uscì avvilito dal palazzo ma, visto che fuori soffiava un vento freddo, sentì la sua pancia brontolare per la fame. All’improvviso, sentì dietro di lui un uomo che gridava: «Ravioli al vapore!» Appena si rese conto che si trattava di un ristorante, il contadino ci pensò un poco e subito entrò nel locale.

Il contadino ordinò venti ravioli e se li mangiò tutti in una volta. Quando ebbe finito, chiamò il padrone del ristorante e, indicando il cesto di bambù, gli chiese: «Questi ravioli sono stati cotti al vapore usando questo cestello?» e il padrone rispose «sì, certo.»

Il contadino allora si congratulò con un «Magnifico!» e di nuovo chiese: «Questi ravioli sono stati fatti da lei?» e il padrone rispose «sì.»

Al ché, il contadino si congratulò di nuovo cun un «Magnifico!» e per finire chiese: «Questi ravioli mi sono stati portati perché io li mangiassi?» E il padrone scocciato rispose «sì, sì.»

«Magnifico!» disse il contadino, e fece per uscire. Il padrone del ristorante gli sbarrò l’uscita e lo afferrò, gridando: «Tu non mi hai ancora pagato i soldi per i ravioli, come pensi di uscire?» Il contadino rispose: «Io ti ho già detto tre volte magnifico, cosa vuoi di più?»

Il padrone iniziò ad arrabbiarsi, non avendo mai incontrato una persona così irragionevole, e ad alta voce urlò: «Dire tre volte magnifico per mangiare i ravioli? Non si è mai sentita una cavolata simile!»

Così portò il contadino di fronte al re per avere il suo giudizio. Il re ascoltò la storia del ristoratore e, arrabbiato, chiese al contadino: «Perché mangi i ravioli senza pagare?» Il contadino con tono sicuro rispose: «Maestà, io non ho mangiato i ravioli senza pagare. Quando io vi ho portato il mio melone coltivato d’inverno con tanta fatica, voi mi avete dato tre preziosi “magnifico!” ed io ero molto soddisfatto. Così, quando ho mangiato i venti ravioli di questo signore, io ho dato a lui i tre “magnifico” come pagamento. Come si può dire che abbia mangiato a scrocco?»

Il re, ascoltata la risposta del contadino, restò senza parole e mandò subito a chiamare l’ufficiale di corte perché pagasse il melone.

Erbetta: «Magnifico!»
Traduttore: «Questo vorrebbe essere un modo per dirmi che non verrò mai pagato?»
Erbetta: «Magnifico!»
Traduttore: «Non mi ero fatto illusioni.»
Erbetta: «Perfetto! Allora posso risparmiare l’ultimo magnifico!»


Note del Traduttore

Questa storiella non è legata a un chengyu o a un modo di dire ma fa parte della tradizione popolare. La storia si può trovare nella raccolta di racconti folkloristici “中国古代民间故事”, edita dalla Università di Pechino (北京大学出版社).

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外强中干 – I cavalli stranieri

novembre 21, 2010 at 2:53 PM (Chengyu, Storie di re e ministri) ()

“wài qiáng zhōng gān” – Forte in apparenza ma debole dentro

Nel periodo delle Primavere e Autunni, dopo la morte del duca Xian di Jin, il figlio Yiwu tornò dall’esilio per ereditare il titolo regale e diventare il duca Hui di Jin1. Durante il periodo passato come fuggitivo lontano dal regno, Yiwu aveva stretto una promessa con il duca Mu di Qin2, che gli aveva salvato la vita. Se fosse un giorno diventato monarca del suo regno, avrebbe ceduto cinque città al regno di Qin. Però, quando salì al trono, il duca Hui non mantenne la promessa.

Passò del tempo e accadde che il regno di Qin si trovò in una situazione di grave carestia. Quando il duca Mu di Qin si rivolse al regno di Jin per chiedere aiuto, il duca Hui offrì un secco rifiuto. Il duca Mu si arrabbiò molto e decise allora di mandare le sue truppe in guerra contro il regno di Jin. In breve tempo, l’esercito di Qin conquistò una delle città del regno di Jin e, per fronteggiare le potenti truppe nemiche, il duca Hui di Jin guidò in prima persona la resistenza. Ordinò allora che si legassero alla sua carrozza dei cavalli del regno di Zheng3, splendidi animali dall’aspetto possente.

Il cancelliere di corte4, quando seppe la cosa, consigliò al suo re: «Fin dai tempi più antichi, quando un regno scende in guerra, usa i migliori fra i cavalli originari del proprio territorio. Questo perché gli animali cresciuti in quelle terre conoscono bene le strade e ascoltano gli ordini di chi li guida obbidendo. Se si utilizzano cavalli stranieri, non è altrettanto facile guidarli, non appena si incontra un imprevisto è infatti possibile che questi animali si agitino e diventino incontrollabili. Inoltre, i cavalli del regno di Zheng sono in apparenza molto forti, ma in realtà non possiedono grandi qualità, se durante la battaglia dovessero innervosirsi, non ascolterebbero più gli ordini e sua maestà resterebbe bloccata senza poter andare avanti o ritirarsi. Non bisogna permettere che una simile eventualità si verifichi!»

Il duca Hui di Jin, però, non pensò nemmeno per un momento di dare retta al consiglio del suo cancelliere. Durante la battaglia, i cavalli della carrozza del duca Hui si innervosirono e divennero ingovernabili. Non ci fu verso di procedere o tornare indietro, così le truppe del duca di Qin catturarono il duca Hui e l’esercito di Jin venne sconfitto.

Erbetta: «Ah, che sciocco il duca Hui! Lo sanno tutti che si usano i cavalli della propria nazione, quelli stranieri non sanno la lingua!»
Traduttore: «Sì, deve essere per quello che non obbediscono. Questo modo di dire si usa per indicare qualcosa, o qualcuno, forte in apparenza ma debole in realtà.»


Note del traduttore

1 Il duca Hui di Jin (晋惠公 – Jìn Huì gōng), il cui nome era in origine Yiwu (夷吾 – Yíwú), governò dalla morte del padre (il duca Xian di cui abbiamo parlato in quest’altra storia) nel 650 a.C. fino al 637 a.C.. Come il fratello Chong’er (di cui si è raccontato ieri), Yiwu si allontanò dal regno paterno per sfuggire agli intrighi per la successione al trono, destinato un altro fratello. In seguito all’uccisione del legittimo erede, Yiwu venne fatto rientrare in patria e incoronato come duca. Nei primi anni del suo regno, lo stato di Jin andò incontro a una grave carestia che riuscì a superare acquistando provviste dal regno di Qin. Quando, pochi anni dopo, la situazione fu rovesciata, il duca Hui si rifiutò di vendere grano allo stato di Qin, dando così inizio a uno scontro fra i due regni. Durante la battaglia, il duca Hui venne fatto prigioniero ma, dopo aver stretto un’alleanza con il duca Mu di Qin, fu riportato in patria. In seguito, temendo che il fratello Chong’er potesse attentare al suo trono, il duca Hui fece mandare degli emissari per ucciderlo e questi si rifugiò nel regno di Qi. Alla morte del duca Hui, il figlio rientrò dallo stato di Qin, dove era stato mandato come ostaggio, e divenne il nuovo duca, mantenendo il potere solo un anno per poi cederlo infine allo zio.

2 Il duca Mu di Qin (秦穆公 – Qín Mù gōng) regnò sullo stato di Qin dal 660 a.C. fino alla sua morte, avvenuta nel 621 a.C.. Durante il suo dominio, il regno di Qin (di cui si è parlato in quest’altra storiella) raggiunse un grande splendore e allargò i suoi territori in maniera significativa. Per questo, il duca Mu di Qin viene spesso ricordato come uno dei Cinque Egemoni del periodo delle Primavere e Autunni. Il duca Mu fu famoso anche per la politica di stringere alleanze attraverso i matrimoni: lui stesso sposò la figlia del duca Xian di Jin e, quando il duca Wen di Jin salì al potere, gli diede in moglie due delle sue figlie. In seguito a ciò, il duca di Qin appoggiò il genero nella battaglia di Chengpu (di cui si è raccontato ieri).

3 Il regno di Zheng è già comparso in una storiella qualche tempo fa.

4 Il cancelliere di corte di cui si parla in questa storia, Qing Zheng (庆郑 – Qìng Zhèng), aveva consigliato al duca Hui di prestare aiuto al regno di Qin, per evitare lo scontro.  Quando la carrozza del duca Hui rimase bloccata nel fango, durante la battaglia contro le truppe di Qin, il duca ordinò a Qing Zheng di guidare fuori la carrozza ma questi semplicemente se ne andò, lasciando che il duca venisse catturato. Quando il duca Hui venne liberato, la prima cosa che fece fu di far uccidere Qing Zheng per il suo tradimento.

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